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Elly Schlein, ma che cosa c'entra Occhetto con il nuovo Pd?

Gianluca Mazzini
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Tra il milione di elettori delle primarie del Pd che hanno decretato la vittoria a sorpresa di Elly Schlein (con il recupero del 26% dei voti su Stefano Bonaccini in una sola settimana) c’era anche Achille Occhetto. Classe ’36, Occhetto è stato l’ultimo segretario del Partito Comunista Italiano e il primo del Partito Democratico della Sinistra. Fa una certa impressione leggere il curriculum del compagno Akel, questo il suo soprannome, e poi trovarlo tra i sostenitori del nuovo segretario del Pd che ha un programma politico degno del Festival di Sanremo che spazia dal gender-fluid, al sostegno a Unione Europea e Nato, dal trans-femminismo all’ecologismo di Greta Thunberg, fino alla guerra senza quartiere a prime case e auto.

Che ci “azzecca” con questo progetto l’ex segretario generale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (1961), l’oratore ai funerali di Togliatti (1964) insieme alla Pasionaria Dolores Ibàrruri davanti a un milione di persone? Il dirigente che viaggiò in missione oltre la Cortina di Ferro per valutare le varie posizioni sulla guerra del Vietnam (1965)? L’uomo che a Pechino incontrò Mao e Xiaoping e ad Hanoi Ho Chi Minh e il generale Giap? Il responsabile tra il 1966 e il 1969 della sezione centrale di Stampa e Propaganda del Pci, il parlamentare che per tre decenni rappresentò la sinistra e che nel 1988, divenne l’ultimo segretario del Pci? Colui che nel 1989, tre giorni dopo la caduta del Muro di Berlino lanciò la cosiddetta svolta della Bolognina dove sciolse il partito Comunista fondando il Pds (Partito Democratico della Sinistra)?

 

 

 

DALLA BOLOGNINA AL PD ZTL

Una scelta drammatica che non fu accettata da un terzo dei militanti che diedero vita a Rifondazione Comunista. Tante domande per questa storia umana e politica che passa anche dalla disfatta elettorale della sua “gioiosa macchina da guerra” per opera di Silvio Berlusconi (1994) e finisce ora all’ombra di Elly Schlein. Spiega il filosofo Diego Fusaro, autore del best seller “Bentornato Marx” (Bompiani): «Siamo davanti alla metamorfosi kafkiana della sinistra diventata ciò che combatteva. Siamo ad un finale di ... partito, in tutti i sensi. Una sinistra che ha tolto dai radar i lavoratori per dedicarsi ai capricci del consumo liberista. Con la Schlein siamo al partito delle Ztl e dei vacanzieri di Cortina. Non mi stupisce che la nuova segretaria abbia preso appena due voti alla Mirafiori di Torino mentre ha fatto il pieno al Vomero, quartiere borghese di Napoli. Dopo le primarie il passaggio dal rosso comunista al fucsia neoliberista appare definitivamente compiuto».

 

 

 

Sulla stessa linea anche il docente universitario Andrea Zoch: «La Schlein è lo sbocco coerente del processo degenerativo nato alla Bolognina. Lei fa parte di quei Young Global Leaders (dal canadese Trudeau alla finlandese Sanna Marin) che sono sempre vissuti nell’atmosfera culturale del neoliberalismo e si sono nutriti di giornalismo progressista e non hanno accesso a nulla di ciò che il mondo e l’umanità sono stati (e fuori dall’Occidente sono ancora). Per questo la loro aderenza alle agende del potere finanziario e tecnocratico è sincera e senza remore e appetibile alle nuove generazioni». 

 

 

 

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