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Elly Schlein, scandalo in piazza: la foto che la inchioda

Giovanni Alberti
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Un’azienda, con oltre 400 dipendenti, va in crisi. I licenziamenti sono pronti a partire. Un imprenditore, esperto di riconversioni industriali, se ne interessa. Riesce a creare una cordata con altri imprenditori, pronti a investire sull’azienda e trasformarla in un centro di ricerca e innovazione, nel campo della meccatronica e dell’elettronica industriale.

Sono pronte a collaborare diverse università. Acquisisce l’azienda, ferma i licenziamenti. Sigla un accordo con tutte le istituzioni del caso: ministero del Lavoro, dello Sviluppo economico, Regione Toscana, Rsu. Il patto è: io trovo gli investitori, voi (Stato) mi date la cassa integrazione, i lavoratori interrompono l’occupazione.

DI TASCA PROPRIA - La cassa integrazione non arriva. La fabbrica da 12 mesi è occupata da un collettivo, “Insorgiamo”, che ha creato un presidio permanente. Non si entra, non si esce, non si possono togliere i macchinari, non si possono fare lavori di nessun tipo.

 

 


L’imprenditore anticipa per nove mesi la cassa integrazione. Costo: 7 milioni. Dopo un anno così, alza bandiera bianca e mette in liquidazione l’azienda. La Fiom chiede il commissariamento. Usb chiede un “salva Gkn”, come per l’Ilva. In pratica l’intervento dello Stato. Anche le Rsu chiedono lo stesso.

Intanto alcuni dei capi di Insorgiamo, il collettivo che ha preso possesso ormai da un anno della fabbrica, sabato hanno parlato dal palco della manifestazione di Firenze, organizzata da Cgil, Cisl, Uil, accusando Borgomeo di fascismo: «Cosa tiene insieme», scrivono sulla loro pagina Facebook, «l’aggressione squadrista davanti a una scuola e un imprenditore che non paga gli stipendi, si nega ai tavoli di trattativa, rende impossibile qualsiasi piano di rilancio di un sito industriale?». Risposta: «La stessa violenza: fisica, becera, subdola. La stessa reazione: immediata, collettiva, antifascista. Del resto», continuano, «il fascismo è quella cosa lì, che colpisce chi pensa un futuro diverso, chi lotta per costruirlo, chi non si arrende al degrado sociale, politico e istituzionale di questo paese, chi insorge».

 

 

Ma il problema è il fascismo o la libera impresa? Stiamo parlando della ex Gkn, azienda di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, che produceva semi-assi per le auto, e di Francesco Borgomeo, titolare del Gruppo Saxa Gres, che ad Anagni e Roccasecca ha rilevato la Ideal Standard (in procinto di fallire), salvando centinaia di posti di lavoro. Era quello che voleva fare a Campi Bisenzio. Dopo un anno, si è dovuto arrendere. «Essendo trascorsi 12 mesi dall’accordo sottoscritto», ha spiegato alcuni giorni fa, «con la richiesta di cassa integrazione e dopo 10 mesi di pagamenti anticipati senza una risposta dalla pubblica autorità competente, con la fabbrica ininterrottamente occupata da oltre 12 mesi con assemblea permanente, la società, preso atto dell’impossibilità allo stato di conseguire l’oggetto sociale, ha ritenuto non più differibile l’adozione della delibera di messa in liquidazione».

AUTORIZZAZIONE NEGATA - Sì perché il problema, in questa storia tra Kafka e Sciascia, non è solo il presidio permanente. «Ho fatto quattro domande di cassa Integrazione, in coerenza con quanto presente nell’accordo quadro», spiegava Borgomeo in una nota, «e nessuna delle richieste è stata autorizzata». I fornitori della ex Gkn hanno chiesto di poter riavere indietro il materiale di loro proprietà, che giace nello stabilimento. Impossibile. Le forze dell’ordine non sono intervenute. Nel frattempo, i lavoratori hanno avviato decine e decine di pignoramenti, come azione di lotta per bloccare ogni intervento. E, in effetti, ci sono riusciti. Le forze politiche o tacciono o solidarizzano con i lavoratori. Una delle poche voci contrarie è quella di Elisa Tozzi, consigliera regionale della Lega che ha parlato di «occupazione permanente illegale messa prepotentemente in atto da oltre un anno da un gruppo minoritario di dipendenti all’interno dello stabilimento ex Gkn di Campi Bisenzio» e di «inagibilità della fabbrica occupata come se fosse un centro sociale». Sempre lei ha chiesto alla Regione di «ripristinare la legalità e liberare la fabbrica, se vogliamo tentare di dare un futuro a quei lavoratori». Ma per investire, bisognerebbe che la fabbrica fosse liberata. Cosa che nessuno intende fare.

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