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Schlein, gli sfottò sull'aspetto? Roba da comunisti

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Giovanni Sallusti
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Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco centrodestrorso di Grosseto, di aristocratico ha solamente quel che appare di primo acchito: il cognome. Stile e lessico sono viceversa quelli che campeggiavano in un post condiviso ieri sui social: fotografia della neosegretaria del Pd Elly Schlein ridanciana, affiancata con evidente compiacimento lombrosiano a quelle di alcuni cavalli e dromedari. Testo illuminato a corredo: «Per due euro spesi per votare alle primarie Pd cosa volevate, Belen?». Si deve essere anche sentito molto arguto, il borgomastro grossetano, ma fuori dal suo ufficio ovviamente nessuno la pensa così. La destra condanna e pretende le scuse, la sinistra si getta nello scandalo, incredula di cotanto assist.

 

 

 

«Un sindaco che irride una donna con il peggior body shaming non è degno di rivestire quel ruolo», sdottoreggia il deputato Pd e portavoce della mozione Schlein Marco Furfaro. Più ruspante il compagno Nicola Fratoianni su Twitter: «Che squallore dal sindaco di Grosseto. Ma che gente c’è dalle parti della destra?». Più o meno, quella che c’è dalle parti della sinistra. Essì, perché l’umanità è un legno storto, e l’ipocrisia dei progressisti fin troppo fritta, dichiarata. Parziale galleria del trattamento a cui sono state sottoposte nel Belpaese le donne di destra. Partiamo dal premier Giorgia Meloni.

Nel febbraio 2021 Giovanni Gozzini, docente all’Università di Siena ed ex assessore a Firenze per il centrosinistra, condivise i seguenti dubbi esistenziali in radio: «Ieri sera m’è preso il mal di miserere quando ho sentito quell’ortolana della Meloni. Datemi dei termini: una rana dalla bocca larga? Una vacca? Una scrofa?». Il solco lo aveva tracciato anni prima Asia Argento, che commentò così una foto della leader di FdI: «La schiena lardosa della ricca e svergognata fascista ritratta al pascolo». Ed è di pochi mesi fa l’exploit del collettivo ultrafemminista “Non una di meno”, che a una manifestazione antigovernativa a novembre scandiva lo slogan “Meloni fascista, sei la prima della lista” (trattasi di minaccia di morte, che ci risulta assai peggio di un accostamento fotografico cafone). Resta poi mitologico lo sfogo oltre ogni difendibilità della pasionaria antiberlusconiana Sabina Guzzanti: «Tu non puoi mettere alle Pari Opportunità una che sta là perché ti ha succhiato...». Il complemento oggetto dell’ultima frase lo può indovinare chiunque, il soggetto era l’allora ministra Mara Carfagna.

 

 

 

Daniela Santanchè, invece, fu oggetto di questo sobrio ritratto social da parte di Lorenzo Fioramonti, allora ministro dell’Istruzione nel governo giallorosso: «Ma quale donna! Un personaggio raccapricciante e disgustoso. Se fossi una donna mi alzerei e le sputerei in faccia, con tutti gli zigomi rifatti». Fioramonti peraltro si esercitò in un altro classicone del manganello dei Buoni: l’irrisione di Renato Brunetta. Quasi sempre, per la sua statura. Il campionario va da “energumeno tascabile” (Massimo D’Alema) a “mini-ministro” (Furio Colombo), da “una seggiola” (Dario Fo) a “sua altezza” (Marco Travaglio). Il direttore del Fatto era anche solito appellare Berlusconi come “Al Tappone”, mentre il suo principale Beppe Grillo ha sempre preferito utilizzare “lo psiconano”. Per cui siamo d’accordo con voi, cari sacerdoti politically correct, il sindaco di Grosseto e quelli come lui è ora che la smettano di camuffare la loro inadeguatezza in bullismo mediatico. Buttate però un occhio tra le vostre schiere, perché di “quelli come lui” ne troverete parecchi. Che la piantino tutti, e voi vi unirete a noi nell’appello trasversale, ne siamo sicuri.

 

 

 

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