Elly Schlein e il dittatore comunista Maduro? Imbarazzo nel Pd
A inguaiare Elly Schlein non ci sono solo le posizioni sull'Ucraina o i vecchi, livorosi tweet contro Enrico Letta, Francesca Boccia o Marco Travaglio (il consigliere dell'"alleato naturale" Giuseppe Conte, dunque non proprio una gran partenza). La neo-segretaria del Pd, tutta falce, martello, diritti Lgbtq, fluidità e odio per la destra, già etichettata come la anti-Meloni, per evitare polemiche immediate nelle ultime ore ha glissato sulle proprie simpatie per l'estrema sinistra.
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"Sono nativa democratica, quindi non ho potuto aderire al Pci", si è difesa. Una verità anagrafica che non dice però granché sul suo approccio politico. Purtroppo per lei, a parlare sono le sue stesse dichiarazioni da europarlamentare e i suoi voti quando era seduta sullo scranno di Strasburgo.
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Primo imbarazzo, il voto su Nicolas Maduro, dittatore rosso del Venezuela ed erede del caudillo Chavez. Uno degli idoli della sinistra dura e pura, anche in Italia, che ha trovato sponde pure tra i grillini, guarda caso. Sei mesi prima di lasciare l'Europarlamento, con il rivale di Maduro Juan Guaidò sostenuto dagli Usa e una Caracas in piena guerra civile, al Parlamento europeo l’allora presidente Antonio Tajani, ricorda il Giornale, "si batté per sostenere quella chanche di democrazia" e il documento "passò con 439 sì, 104 no e 33 astenuti". Bruxelles riconosceva Guaidò "come presidente ad interim del Venezuela".
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A votare contro e schierandosi di fatto con quella che Tajani definì "una dittatura comunista che affama il popolo" c'era anche la Schlein, su posizioni differenti dal Pd. Nel maggio del 2021, già non più europarlamentare, la Schlein si è schierata anche sul conflitto tra Israele e palestinesi, arringando il congresso di Articolo 1, suoi futuri sostenitori, con queste parole: "Non siamo di fronte a uno scontro simmetrico, i rapporti di forza sono totalmente squilibrati a favore di Israele". Altro imbarazzo per il Pd: che farà e dirà adesso da segretaria? Quasi scontato, alla luce del suo curriculum barricadero, anche il no alla Tav nel 2018, così come il no al Ceta (l'accordo commerciale tra Ue e Canada) un anno prima. Non c'è che dire: perfetta per riformare l'asse Pd-M5s, a meno che Travaglio non se la sia già legata al dito.
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