Mattia Santori umiliato dalla fedelissima: "Serve rispetto"
Mattia Santori, sostenitore della Schlein, a caldo aveva festeggiato la vittoria di Elly e pregustato l’epurazione dell’ala riformista. «Per un Fioroni che se ne va penso che avremo 100 nuovi entranti nel Pd» aveva detto Santori. Il riferimento è a Beppe Fioroni, ex fondatore del Partito democratico e simbolo dell’area cattolica, che aveva deciso di uscire dal partito subito dopo l’esito dei gazebo. Perfino Jasmine Cristallo, una delle leader storiche proprio del movimento delle Sardine, ieri ha criticato duramente Santori: «Non condivido le sue parole, penso che sia giusto dire che quando qualcuno va via dispiace sempre. Vedo un atteggiamento respingente che non è possibile avere in questa fase così delicata» ha detto ieri la Cristallo ad Agorà.
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«Bisogna avere rispetto per chi ha una certa storia, in quel partito c’è rimasto. Io ho fatto la tessera di recente, non mi sento di non rispettare chi già c’era». Sul tema ieri è intervenuto lo stesso Fioroni, ospite della trasmissione radiofonica Un giorno da pecora in onda su Radio1. «Mattia Santori ha detto che per un Fioroni che se ne va ne arrivano altri cento? E chi è Santori? L’importante è che io non faccia parte di un partito che non mi vuole, gli auguro di vederne arrivare anche mille». Fioroni, che una volta definì il Pd un “kebab”, «affettato a destra e a sinistra», ora paragona i dem a uno «stracotto». «Per 20 anni mi davano con le valigie in mano e non vedevano l’ora che me ne andassi, ora ci sono riusciti. Se me ne sono andato io? No, diciamo che mi hanno messo sotto sfratto» ha aggiunto l’ex ministro dell’Istruzione. «Schlein è ben contenta che me ne sia andato». Intanto, nel Pd si comincia a discutere dei nuovi assetti. Soprattutto si sta ragionando su un possibile ruolo per Stefano Bonaccini,il governatore emiliano sconfitto dall’astro nascente della sinistra radicale. Qualcuno suggerisce che potrebbe diventare presidente del partito; intanto gli sherpa sono al lavoro per programmare il primo incontro tra i due, un vertice che dovrà avviare la collaborazione.
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LE TRATTATIVE
E se collaborazione deve essere fra la segretaria eletta del Pd e Stefano Bonaccini, questa deve fondarsi su almeno due elementi. La certezza che i dem non deraglino dai binari dei valori alla base della nascita del partito. E che ci sia un confronto vero fra la stessa Elly Schlein e Stefano Bonaccini: «Devono parlarsi», dice una fonte parlamentare dem che ha sostenuto Bonaccini al congresso. Per ora la telefonata tra i due non è ancora arrivata. Bonaccini si è complimentato in diretta tv con la neo segretaria, ma nessun contatto - viene riferito - c’è stato dopo la sera delle primarie. Le diplomazie si sono messe al lavoro questa mattina, viene riferito, dando di fatto inizio al confronto in vista della assemblea di domenica 12 marzo. Sarà quello il momento dell'investitura ufficiale di Elly Schlein e dell’insediamento dell'ufficio di presidenza e degli altri organi statutari, compresa l'elezione del Tesoriere. «Il tema dell’unità del partito non si risolve con gli strapuntini», dice un esponente vicino a Bonaccini. Certo. Ma è altrettanto vero che la casella della presidenza del Pd è di quelle che pesano. Tanto che, quando Matteo Renzi era segretario Pd, si arrivò a uno scontro che portò alle dimissioni dell'allora presidente dem, Gianni Cuperlo. «Il segretario del Pd ha il diritto e il dovere di interpretare una linea», è il ragionamento offerto da fonti vicine a Bonaccini, «ma occorre tenere fermi i fondamentali». Ovvero, la linea sulla politica estera e di difesa, dove in tanti temono una posizione più morbida con la Russia.
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