Conformisti: l'orgia patetica dei progressisti
A questi non entra in testa che la balordaggine conformista che loro chiamano antifascismo va benissimo finché ci si trastullano tra amici e compagni, e a patto che non pretendano di vederla codificata in precetto democratico e costituzionale: perché non c’è coincidenza, semmai insanabile contraddizione, tra il liberale ripudio dell’idea e della pratica fascista e la cultura codino-autoritaria, bugiarda, contraffattoria, venticinqueaprilina della Repubblica fondata su Piazzale Loreto. La dirigentessa progressista che manda fuori circolari gramsciane istigando la meglio gioventù a chiamare col nome appropriato il governo dei fascisti, esercita in modo inopportuno il proprio diritto di dire scemenze: ma il suo non è antifascismo, né tanto meno c’è l’obbligo di chicchessia di riconoscervisi. Mentre questo si pretende da quelle parti: che ci si riconosca, tutti, nell’adorazione di quei feticci, per esempio “la forza delle idee” di un gerarca comunista, col corollario doveroso di considerarlo “un grande italiano” e altrimenti guai: non sei antifascista.
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Non gli è ben chiaro che ciascuno ha il diritto di essere e di dirsi quel che vuole, a condizione che non leda l’altrui diritto di fare altrettanto. Ed è semmai quella lettera a sentire di fascismo, con quel precettare alla disciplina di curva sinistra, quella lettera e tutta l’orchestrona democratica che l’ha celebrata in un’orgia patetica di frasi fatte. Ma non basta. Perché fascista è stato l’espediente adoperato per imputare a chi non ha apprezzato l’iniziativa di quella signora non si sa quale atteggiamento di giustificazione verso i responsabili della rissa fiorentina. Nell’idea, evidentemente, che deprecare il gesto di chi fa violenza significhi sottoscrivere la circolare da Sabato Progressista diramata dalla preside. E altrimenti, appunto, ritiro della patente antifascista.
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