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Elly Schlein contro Bonaccini: "Basta col partito patriarcale"

Brunella Bolloli
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No, il ticket no. Fine del fair-play, della campagna morbida (per non dire moscia) che se, in assenza di colpi di scena, domenica decreterà il vincitore delle primarie del Pd e incoronerà il nuovo inquilino del Nazareno che succederà a Enrico Letta. La sfida è tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, amici e “colleghi” nel Consiglio regionale dell’Emilia Romagna al punto che lei era la vice di lui, presidente attualmente in carica. L’ultimo e unico duello tv non è stato certo ad alta tensione, anzi: nessuno affondava il colpo, grandi sorrisi, frasi fatte, tanta voglia nello spettatore annoiato di cambiare canale.

Anche quando erano in quattro aspiranti segretari (oltre a Bonaccini e Schlein si erano candidati Paola De Micheli e Gianni Cuperlo) l’aria più che da congresso per far risorgere un partito spento era piuttosto quella di una scampagnata con l’idea che comunque sarebbe andata, un posto in squadra per i perdenti si sarebbe trovato all’insegna dell’armonia e del volemose bene, per cui che bisogno c’era d’impegnarsi in una campagna competitiva o di incalzare l’avversario per inchiodarlo ai propri errori? Niente colpi bassi, siamo democratici, compagni.

 

 

 

PROPOSTA E REPLICA

Bonaccini, forte del fatto che l’ha spuntata nei circoli, convinto di avere la vittoria in tasca e forse pensando di dover mettere in pratica una certa galanteria, ha proposto alla Schlein una collaborazione. In pratica un ticket, sebbene sulla carta la sua vice al Nazareno dovrebbe essere Pina Picierno. «Se domenica sarà confermato il voto nei circoli chiederò a Elly di dare una mano e decideremo insieme quale sia il modo migliore», ha dichiarato. «L’importante è rafforzare il Pd non dividerlo».

Elly però ha detto di no. «È finito il tempo del partito patriarcale che vede bene le donne nei ruoli di vice. Credo che il partito necessiti di una guida femminista, che apra il varco a donne e giovani. Io non ho offerto posti e non mi sono stati offerti. Se mi sono candidata è proprio perché penso che si debba spezzare questa logica di compassione». La frase, pronunciata a Omnibus, non è passata inosservata e sui social è cominciata una gran gazzarra tra chi ha accusato la Schlein di tirar fuori il patriarcato, che poco c’entra con la proposta di Bonaccini, e chi ha ricordato che il Pd da tempo ha un problema con le donne «e se continuate così per forza poi che vince la Meloni, la lezione del 25 settembre non vi ha proprio insegnato niente».

A onor del vero l’idea del ticket tra i due è una trovata del governatore pugliese, Michele Emiliano, inoltre Bonaccini ha aperto anche a Cuperlo e alla De Micheli, usciti dalla corsa dopo il voto nei circoli: il primo però ha detto che lascerà ai suoi sostenitori libertà di voto per domenica, giorno in cui andranno ai gazebo non solo gli iscritti dem, la seconda si è invece schierata a favore dello stesso presidente.

 

 

APPELLO AL VOTO
«Se tanti verranno a votare e vincerò avrò interesse a lavorare con tutti. Le forme e i modi si vedranno», ha replicato Schlein, la quale, per ribaltare un verdetto che sembra già scritto, punta sull’arma dell’affluenza pur consapevole che la sua è una corsa in salita come si evince da un sondaggio mandato in onda da Porta a Porta e realizzato da Euromedia Research che dà il 48.2% allo sfidante e il 13.5% a lei. Sarà anche per questo, per il tentativo di guadagnare consensi tra le compagne, che l’ex eurodeputata ecologista, progressista, femminista, pro-diritti, contro le diseguaglianze e il neoliberismo, con cittadinanza statunitense e naturalizzata svizzera, ha lanciato il suo grido di battaglia contro il partito “patriarcale”. Un partito che, evidentemente, ha un problema di donne, su cui più di un segretario ha sbattuto il muso. Nicola Zingaretti è stato duramente criticato nel 2021 quando nessuna dem è entrata al governo, Letta ha provato a ovviare inserendo due capigruppo in rosa, ma nulla ha potuto alle Politiche contro Giorgia Meloni, prima donna premier, di destra. Schlein insiste: «Sono l’unica delle candidature che non ha fatto parte in questi 10 anni del gruppo dirigente del partito e quindi che può assicurare un cambiamento reale». Peccato che i capi delle “vecchie correnti” stiano con lei e non sono certi quelli che hanno valorizzato le donne del Pd. 

 

 

 

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