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Giorgia Meloni e il pressing antifascista su Palazzo Chigi

Iuri Maria Prado
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Non si tratta soltanto della somma rottura di palle per l’ennesimo strillo “antifa” sulla notizia di un’aggressione addebitata, in ipotesi anche fondatamente, a giovani di destra: che è una cosa pessima e da sanzionare, quando accertata, ma che davvero non può essere messa a riprova, come invece si fa, dell’emergenza nera a far tempo dal 25 settembre dell’anno scorso, vale a dire da quando il Paese è stato sottratto alle cure democratiche dell’antifascismo curricolare. E non si tratta nemmeno di indugiare sulla penosa militanza politico-giornalistica che denuncia lo squadrismo o invece lo trascura secondo che a menare le mani e a devastare le cose sia il teppistello di destra anziché quello, statisticamente molto più attivo, imbandierato di rosso e d’arcobaleno. Si tratta piuttosto della ridicola pretesa che Palazzo Chigi sia una specie di “dichiarificio”, con Giorgia Meloni e i componenti del governo e la maggioranza parlamentare chiamati con urgenza indifferibile “a prendere le distanze” dai fatti dell’altro giorno a Firenze.

 

 

 

“BELLA CIAO”

A parte il fatto che non risulta che analoga pretesa sia stata mai rivolta a un presidente del Consiglio di sinistra nei casi, davvero non proprio rarissimi, di violenze commesse da picchiatori e sfasciavetrine comunisti, pacifisti, ecologisti, abbruciatori di bandiere statunitensi e israeliane e via delinquendo, c’è che al governo compete semmai di tutelare l’ordine pubblico e di proteggere i cittadini (non quelli di sinistra: tutti) dalla violenza: ma il fatto è che questo compito non c’entra proprio nulla con le proclamazioni di antifascismo da protocollo, come invece reclama qualche stupidotto che in buona sostanza imputa al presidente del Consiglio di non aver opposto ai fatti di Firenze una requisitoria resistenziale sulle note di “Bella Ciao”.

 

 

 


La cosa che piacerebbe a questi avventizi del sistema democratico, refrattari anche alla sola idea che al governo non stia chi ripete le tiritere da 25 aprile, è che l’azione politica di una maggioranza di destra si esaurisca e si consumi nel dar prova simbolica e ciarliera di antifascismo militante, in buona sostanza ammettere che la propria presenza al potere ha irresponsabilmente affidato il Paese alla violenza delle squadracce. E dunque emendarsi da questa colpa civile e costituzionale dichiarando che il fascismo è lì in agguato, tra i ninnoli dell’abitazione del presidente del Senato e nelle strade di Firenze lungo le quali imperversano i manipoli neri.

 

TUTELA DEMOCRATICA

Non occorrerebbe avere simpatie né verso il presidente del Consiglio né verso la maggioranza che lo sostiene per reagire con l’irritazione dovuta a questa insopportabile pretesa di tutela democratica: che proviene da una schiatta assai disponibile allo sbrego autoritario e di legalità, pure violento, se solo si attiva democraticamente tra i propri ranghi e ai danni degli avversari. 

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