Roberta Metsola a Roma per cacciare la sinistra dalle stanze del potere
Con un assaggio di dolce vita fatto di passeggiata in centro a Roma, una fetta di pizza, una visita dal liutaio e un mazzo di fiori ricevuto in regalo dal sindaco Gualtieri, il presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha concluso una giornata nella Capitale ricca di eventi istituzionali: ha incontrato il presidente del Senato Ignazio La Russa a palazzo Giustiniani, il presidente della Camera Lorenzo Fontana a Montecitorio, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per un bilaterale al Quirinale.
È saltato invece il vertice con Giorgia Meloni, causa influenza del premier, che era poi lo scopo principale della trasferta in quello che Metsola ha definito un Paese «centrale per gli equilibri europei». Oltre ai grandi dossier su cui l’Italia sta provando a farsi sentire, su tutti immigrazione e transizione energetica, Metsola e Meloni condividono oltre a una vecchia stima (la leader di FdI accolse con favore la sua nomina per sostituire David Sassoli, per via delle sue posizioni sui temi etici piuttosto in linea con quelle della Meloni) anche una buona fetta di progetti politici per plasmare la futura infrastruttura politica europea.
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BLOCCO
Come emerso già dal vertice dei popolari ad Atene dello scorso dicembre, il Ppe (di cui fa parte il partito della maltese) negli ultimi 10 anni esprime leader di governo in soli 7 Paesi (nel 2014 erano 17), e alla luce delle prossime elezioni non solo europee ma anche politiche (si vota in Grecia e Spagna, poi anche a Cipro) l’idea di iniziare a dialogare con le forze conservatrici e provare a tessere un’alleanza capace di scardinare l’ormai storico impianto di larghe intese a Bruxelles è diventata quasi una necessità.
Tra i leader conservatori, Giorgia Meloni, che guida anche il gruppo europeo dell’ECR è il più indicato per inaugurare un percorso comune. Anche perché, vista l'aria che tira, in Italia alle elezioni europee del 8 maggio 2024 FdI potrebbe fare incetta di seggi. Nel grande gioco per l'Europa, il Ppe teme di non poter più dirigere come vorrebbe l’orchestra della maggioranza con privilegi enormi sulle scelte, dai vari direttori nelle Commissioni, fino al Consiglio, mentre leader come Giorgia Meloni (e non solo) sognano di conquistare l’eredità della Merkel per dettare la linea sulle direttive.
MEDIAZIONE
Al di fuori dell'alveo liberal -conservatore, Macron ha belle gatte da pelare in politica interna, mentre Scholz è ogni giorno più in bilico (alla sua Spd sono andate male pure le recenti elezioni locali). Più potere in seno all’Ue, intesa come Parlamento e Consiglio europeo, vuol dire anche più peso nella nomina dei nuovi vertici di Bce, Nato, Fmi e Onu (gli ultimi due guidati da due volti europei). L'asse Metsola-Meloni quindi sarebbe importante per entrambe, perché consentirebbe di impostare una strategia win-win. Sembra assurdo raccontarlo oggi visto che meno di un anno fa a sentire i racconti dei media occidentali tutta l'Ue tremava al solo pensiero dell'arrivo di Meloni a Palazzo Chigi, ma la leader di FdI in breve tempo non solo ha spazzato via lo scetticismo ma si è persino proposta come advisor dell'Ecr.
Meloni, quindi, in una possibile alleanza col Ppe potrebbe fare da garante anche per quanto riguarda i colleghi polacchi di "Diritto e Giustizia", che attualmente sono in maggioranza nel gruppo (hanno 24 deputati contro i 6 di FdI, in totale i polacchi sono 27 su 63) ma che con i vertici di Bruxelles hanno un rapporto a dir poco turbolento. Ora il partito di governo di Varsavia guidato da Morawiecki e Kaczynski è diventato un riferimento per tutta l'Ue, perché strategico in funzione anti-russa (e il documento sull'immigrazione firmato pochi giorni fa a Bruxelles non a caso avvantaggia parecchio proprio la Polonia), ma le crepe per la gestione dei diritti in Patria all'Ue continua a non piacere. In tal senso, Meloni potrebbe porsi come punto di incontro, forte anche del contributo di un Raffaele Fitto più che mai in versione novello Tatarella, capace di intessere ottimi rapporti tra liberali, popolari e conservatori di mezza Europa.
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AVVICENDAMENTO
A Metsola tutto questo potrebbe giovare anche per puntare alla successione dell'attuale presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che non ha ancora detto se intende ripresentarsi per un secondo mandato. Pochi giorni fa il leader del Ppe, il tedesco Manfred Weber, si è chiamato fuori dalla corsa alla Commissione. Anche lei all’interno del suo gruppo avrebbe il “suo” Tatarella, che guarda un po' parla a sua volta italiano: è Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri non ha affatto escluso l’ipotesi di una convergenza, magari allargata anche ai liberali. Al Corriere della Sera a inizio mese disse: «Che è poi l'alleanza che portò alla mia elezione alla presidenza del Parlamento europeo nel 2017». Un precedente che farà giurisprudenza.
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