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Carlo Calenda la spara: "Voto come al Palio di Siena. I candidati? Giusti"
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Sembra in stato confusionale Carlo Calenda dopo la batosta presa alle elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio dove il Terzo polo è andato sotto il 10 per cento. "Abbiamo perso", ammette, ma "quello regionale è un voto difficilissimo per noi. Le peferenze pesano e noi invece dipendiamo da un voto di opinione. La peggiore condizione possibile per chi vuole spezzare il bipolarismo", spiega il leader di Azione in una intervista a Il Corriere della Sera. Non cerca alibi Calenda ma "ammetto che non mi aspettavo il risultato in Lombardia nei termini in cui si è delineato. Neppure mi aspettavo che Fontana addirittura prendesse di più, in percentuale, di cinque anni fa. Si può dire che il presidente uscente abbia governato bene? No, non si può dire".
E rivendica la scelta dei candidati: "Abbiamo scelto i due assessori regionali (Letizia Moratti e D’Amato, ndr) che meglio hanno gestito il Covid per guidare due Regioni, enti in cui il bilancio è quasi tutto assorbito dalla Sanità. E non è importato a nessuno. Fontana e Rocca erano forse candidati migliori? Non credo. Se si vota come al Palio di Siena, se il voto è fideistico, i candidati contano poco. Ma io faccio politica proprio perché voglio scardinare questo sistema che porta a un’astensione sempre più alta con votanti sempre più divisi fra guelfi e ghibellini e al declino del Paese" e, aggiunge, "non mi arrendo".
Insomma, secondo Calenda hanno sbagliato gli elettori e "non ho timore di dirlo. È la maledizione italiana: si vota per appartenenza", ribadisce. Per il leader di Azione l'obiettivo resta quello del partito unico di centro: "L’unica lezione che ricavo da queste elezioni è che il partito unico non può più aspettare. Basta perdere tempo. A marzo si parte: chi c’è c’è. Rinvii non ne accetto più".
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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