Giuseppe Conte, disastro alle regionali. Mentana: "Ora capisco perché..."
"Ora capisco perché Giuseppe Conte ha fatto un post su Zelensky e Giorgia Meloni". Alla maratona del TgLa7 speciale elezioni regionali il direttore Enrico Mentana commenta con sarcasmo il risultato del Movimento 5 Stelle nel Lazio, il vero banco di prova della leadership dell'ex premier. Lì è avvenuto lo strappo con il Pd, che ha candidato Alessio D'Amato alleandosi con il Terzo polo. In tutta risposta l'avvocato ha scelto la strada della prova muscolare, sfoderando un nome a sorpresa come quello di Donatella Bianchi, conduttrice di Linea blu su Rai 1 e presidente di Wwf Italia. Un profilo a-politico e "green" che sulla carta doveva guidare il Movimento al sorpasso ai dem. E' finita malissimo, per il centrosinistra (travolto dal centrodestra del nuovo governatore Francesco Rocca) e per gli stessi 5 Stelle.
In attesa del dato definitivo, infatti, la Bianchi si attesta intorno a un deludente 11%, ben lontano dal risultato di Roberta Lombardi, candidata del Movimento alle regionali del 2018 (ottenne il 27%) e ancora di più da quello dei pentastellati alle politiche dello stesso anno (il 32% alla Camera, ma è ormai un dato che non fa più politicamente testo essendo cambiato davvero tutto).
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"Sai che l'inizio dell'era Conte era l'inizio di un partito diversamente strutturato", prova a spiegare Paolo Celata, inviato del TgLa7 nel quartier generale dei 5 Stelle ed esperto delle dinamiche grilline. "Da un po' di tempo a questa parte mancano i big, personaggi importanti anche a livello locale", sottolinea ancora il braccio destro di Mentana, che però ribatte: "Dal 27% all'11% è una differenza significativa...". Forse annusando l'aria e intuendo che il verdetto dell'urna non sarebbe stato favorevole, Conte su Facebook ha preferito parlare di Meloni e Berlusconi, che su Zelensky e Ucraina hanno, parola di Conte, "due posizioni diametralmente opposte, che ci fanno dubitare che siano al governo insieme e formino ancora una maggioranza". Placide sicurezze in cui cullarsi, essendo condannati a stare all'opposizione ovunque, per diversi mesi a venire.