Lega, gazebo distrutti: tutti assolti al processo
E alla fine tutti assolti. C’erano le bandiere per terra, un banchetto danneggiato. Ma non solo: c’era anche un agente di polizia strattonato, che s’era buscato qualche spintone, mentre cercava di bloccarne uno. Uno dei dieci ragazzi (sei uomini e quattro donne) che, il 27 febbraio del 2016, in piazza Roberto Malatesta, a Roma, in zona Tor Pignattara, erano stati coinvolti in alcuni disordini attorno a un gazebo della Lega: gli striscioni “Noi con Salvini”, la scritta gialla e bianca dentro un cerchio blu. Facevano parte dell’area anarco-antagonista della capitale, ossia dei movimenti sociali, avevano tra i venti e i ventinove anni, alcuni di loro poteva vantare (si fa per dire) pure qualche precedente del genere sul groppone.
Ma niente. Oggi, anzi: ieri, dopo sette anni, il giudice monocratico Mario Erminio Malagnino, che lavora alla nona sezione del tribunale romano, ha fatto cadere ogni accusa nei loro confronti. L’attentato e il danneggiamento? «Il fatto non sussiste». Resistenza e lesioni a pubblico ufficiale? «Non è stato commesso il fatto». Il travisamento? Andato in prescrizione. E dire che la procura di Roma, nella primavera del 2016, era riuscita a ottenere anche le misure cautelari, cioè l’obbligo di firma, per i dieci in questione che, due volte al giorno (la mattina e il pomeriggio), dovevano recarsi negli appositi uffici per segnarsi.
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CAPI D’ACCUSA IGNORATI
C’è da dire, però, quel provvedimento è stato in seguito annullato dalla Corte di Cassazione e quindi, al momento, non era più in essere. E che si trattasse di un processo iniziato già in salita, per il leader del Carroccio Matteo Salvini, era chiaro fin dal principio. Cioè da quando, all’avvio del procedimento, lui stesso aveva provato a costituirsi parte civile, ma la sua istanza era stata rigettata. No-ci-dispiace-non-possiamo-accoglierla. Si era susseguita una sfilza di imputazioni che solo a metterle in fila ci si riempiva una pagina: oltre ai reati contestati e già ricordati qualche riga sopra (danneggiamento, travisamento, resistenza aggravata) si era parlato anche di attentato ai diritti politici del cittadino. Tutto stralciato, tutto finito in un niente di fatto. Così, adesso, sorridono soddisfatti Francesco Romeo e Leonardo Pompili, che sono due avvocati di almeno cinque dei ragazzi (fino a ieri) imputati per la “vicenda del gazebo”: «Questo processo», dicono i legali, «ha costruito un esempio deteriore di accanimento persecutorio da parte della procura nei confronti degli attivisti dei movimenti sociali cittadini».
Tra l’altro, di aggressioni, i banchetti della Lega, negli ultimi anni ne hanno subite diverse. A Marina di Carrara, nel settembre del 2022, in occasione delle politiche, un gruppo di persone ha «minacciato, insultato e poi anche spinto» (racconta chi era presente) alcuni attivisti che stavano facendo semplice volantinaggio.
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ANCHE A NAPOLI
Nel maggio del 2019, a Lecce, in Puglia, la Digos ha identificato otto persone (ancora appartenenti all’area dei centri sociali) dopo un raid che aveva divelto e scaraventato a terra un gazebo leghista, dei volantini e qualche bandiera: nel parapiglia era finita ferita anche una 17enne subito accorsa dai sanitari che le avevano dato otto giorni di prognosi. Nel settembre scorso, invece, a Milano, era toccato a un banchetto di Fratelli d’Italia.
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