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Carlo Calenda insulta Meloni e... si smentisce: "Semifascista? Una battuta"

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Una discreta figuraccia per Carlo Calenda, leader di Azione. Già, perché su Twitter si è prodotto in un cinguettio assai discutibile, che recitava: "Cara Giorgia Meloni, ti proponiamo questo: non toccare la Presidenza della Repubblica, che è l’unica cosa che funziona in questo Paese. Senza Presidente della Repubblica va a farsi benedire l’unità nazionale: E che io lo debba spiegare a una nazionalista semifascista è deprimente". La solita retorica, anche Calenda grida al pericolo nero, al rischio-democratura. Tweet molto chiaro, no? Bene, forse no...

Eccoci infatti alla figuraccia di mister Azione. Nel corso di un evento elettorale in sostegno della sua candidata in regione Lombardia, Letizia Moratti, Calenda ha voluto puntualizzare: "No. Ho detto una cosa molto diversa. Se manco nazionalisti semifascisti riconoscono il valore della cultura patria siamo messi malissimo. Era una battuta evidentemente". Grottesca retromarcia, insomma: una giustificazione che emette il suono delle unghie sui vetri. E la battuta, con discreta evidenza, la aveva capita soltanto lui.

Dunque, Calenda si è poi speso in un appello al sindaco di Bergamo, Giorgio Gori "e tanti altri", a lasciare il Pd "prima di appassire". Insomma, mister Azione chiama Gori e altri ad entrare "a far parte della federazione riformista". Un messaggio rivolto anche a quelli di +Europa: "Apriremo la federazione ad altre persone per esempio agli amici di +Europa, che con rispetto stanno facendo il 98 esimo congresso, dopodiché facciamo una cosa insieme perché ho capito che non hanno condiviso la scelta fatta insieme a Matteo Renzi, di dare vita a un Terzo polo. Facciamo una cosa insieme, ad aprile dovete entrare", ha concluso Carlo Calenda, sempre a caccia di nuovi innesti e transfughi.

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