Se le vittime di reati diventano colpevoli: il caso della prof di Rovigo
La sinistra è in piena fase da Sindrome di Stoccolma. Da settimane, ogni volta che salta fuori qualche caso di cronaca capace di andare ben oltre il classico disprezzo per l’autorità storicamente caro ai loro ambienti, politici, giornalisti, intellettuali vari si abbandonano ad una sorta di infatuazione nei confronti di quanti dal ribellismo scavallano verso il vandalismo, il bullismo o la criminalità. E, per la proprietà transitiva, finiscono automaticamente per scagliarsi contro le parti lese. Siano esse persone singole o, meglio ancora, l’intero governo.
Lo si è percepito chiaramente con le surreali manifestazioni di solidarietà a beneficio degli imbrattatori dell’ecologismo-militante, difesi a spada tratta poiché loro sarebbero più consapevoli dell’imminente tragedia ambientale globale di quanto non lo siano i governi nazionali (tipo il nostro, in cui per ben 10 anni si sono seduti proprio i partiti che hanno iniziato ad accusare questo esecutivo di immobilismo a 3 mesi dall’insediamento).
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LA LITTIZZETTO
Ma lo dimostrano anche dalle incredibili risa di scherno in diretta radio da parte di Fedez ad insultare la memoria di Emanuela Orlandi, senza alcun tipo di preoccupazione per lo stato d’animo dei suoi familiari, o il ribaltamento della realtà ideato da Luciana Littizzetto che qualche giorno fa (sempre via etere) si è resa protagonista di una lunga riflessione sul caso della docente colpita con la pistola ad aria compressa da uno studente in una scuola di Rovigo.
AGGRESSIVITÀ
La comica, che purtroppo stavolta non scherzava, ha detto: «Certo, il gesto che è stato fatto è assurdo e violento, però questa gestione non so se è stata utile o non inutile. Non so, questa situazione mi ha fatto riflettere su quanto siano cambiati i tempi in parte da quando insegnavo io. Io ho insegnato per nove anni. Durante questi anni di insegnamento, in una scuola periferica di Torino, nessuno mi ha mai sparato.
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Però è vero che c’erano delle classi che erano particolarmente turbolenti, tiravano anche gessetti. Ma non ho mai pensato di convocare, denunciare, scrivere ai giornali. Era una faccenda mia personale e della scuola e mi dicevo “o imparo a gestire le classi difficili con le mie forze o è meglio che cambi mestiere”. Poi l’ho cambiato perché mi piacevano altre cose, ma devi imparare ad avere a che fare con questi energumeni. I ragazzi hanno sparato solo a una professoressa, non a tutti. Questo ci deve far riflettere perché probabilmente non è riuscita ad entrare in sintonia con i ragazzi scatenando questa aggressività fuori luogo e da punire».
Insomma, il processo la Litizzetto non l’ha fatto ad un alunno che non si è accontentato di peccare di casinismo e iperattività come tanti, bensì alla docente, Maria Luisa Finatti, incapace di fare il suo lavoro. Docente che, alla fine, si è lamentata: «Mi hanno sparato in classe e sembra colpa mia. La preside mi ha tolto tre classi». Già, pur di solidarizzare col cattivo di turno vale tutto, anche usare la pistola a piombini sul viso di qualcuno.
LO SCIOPERO
O magari utilizzarne una vera per gambizzare qualcuno, coordinare l’insurrezionalismo e fare quattro chiacchiere con la mafia. Un profilo da “villain" perfetto, come quello di Alfredo Cospito, che con il suo sciopero della fame contro il 41-bis ha offerto alla sinistra un suadente richiamo di carattere antisociale. Chi se ne è lamentato (a prescindere dai modi), e non certo persone qualunque bensì deputati e sottosegretari come Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro (FdI), da rappresentante delle istituzioni è stato, lui, fatto passare automaticamente per criminale. Una perfetta dialettica al contrario.