Sapienza di Roma, ma cosa insegnano? È sempre Sessantotto
Dagli anni della contestazione ad oggi è passato mezzo secolo, il mondo ha cambiato volto. Tuttavia, il “lungo Sessantotto” italiano continua ancora. Almeno così vanno le cose alla Sapienza di Roma, la più grande università italiana. Oggi, come allora, un piccolo ma violento gruppo di studenti della sinistra estrema è in grado di tenere in scacco l’intero ateneo indirizzandone l’attività didattica e la stessa ricerca. Il tutto, va detto, con l’acquiescenza, che a volte è addirittura complicità, forse di una parte dei vertici e sicuramente degli stessi docenti (non di rado a loro volta attardati e nostalgici sessantottini).
Il repertorio è quello classico, di sempre: occupazioni, sospensione delle lezioni, assemblee, atti di intolleranza e intimidazione nei confronti di chi pretenderebbe varcare il cancello dell’Ateneo pur non rispondendo a pieno ai rigidi canoni ideologici ammessi. Tante le vittime illustri a cui non è stato permesso di partecipare a dibattiti o di esporre serenamente le loro idee. Il caso più clamoroso di ostracismo resta quello che, nel gennaio 2008, impedì all’allora papa Benedetto XVI di tenere una prolusione (quella volta a fianco degli studenti e contro “l’antiscienza” -sic!- di Ratzinger scesero in campo ben 67 docenti, fra cui il futuro Nobel Giorgio Parisi). Come non ricordare poi, solo tre mesi fa, la squadristica operazione “antifascista” che ha impedito di prendere la parola in un dibattito ad un liberale doc come Daniele Capezzone?
RICATTI E INTIMIDAZIONI
Suona perciò ridicolo il nome “Cambiare rotta” di una delle due as sociazioni che, insieme ai collettivi anarchici, hanno in questi giorni risfoderato il loro vetusto armamentario occupando le aule universitarie in di fesa di un terrorista acclarato come Alfredo Cospito. Così come ridicolo, oltre che minaccioso ed inquietante, è stato il titolo del dibattito organizza to ieri mattina nell’aula 1 di Lettere occupata: «Il tempo delle parole è fini to». Il tutto condito da esecrabili mani festi contro i vertici dello Stato. Ma, giovani rivoluzionari immaginari, che rotta volete cambiare se giocate ancora a fare i trasgressivi e non vi accorgete di essere invece maledettamente conformisti, senza un mini modi spirito critico? Conformisti violenti e intolleranti, per giunta, fautori di un “pensiero unico” che vorreste semplicemente sostituire a quello che secondo voi dominerebbe la nostra società capitalistica. Le Università nacquero e si svilupparono nel tardo Medio Evo rivendicando, ed ottenendo, autonomia e indipendenza dal potere.
Lo fecero per essere un luogo ove le idee potessero confrontarsi liberamente col dialogo e nessuna potesse imporsi con la forza? Qui ora l’autonomia e l’indipendenza vengono rivendicate invece per presidiare quasi militarmente i luoghi fisici dell’Ateneo e impedire alle Forze dell’ordine di ristabilire un minimo di normalità democratica. La pretesa è quella di costituirsi come una comunità chiusa e intollerante in lotta contro le leggi dello Stato democratico.
Da qui i ricatti, le intimidazioni, l’imposizione di un canone di fanatismo e intolleranza. La grande assenza ancora una volta è quella del corpo docente, che non ha avuto in tutti questi anni e non ha ora il coraggio di dire una parola chiara ed univoca in difesa dell’Università come luogo di libertà e palestra di democrazia, nonché dello Stato che garantisce oggi in Italia questi beni inalienabili. Non si tratta però solo di una mancanza di coraggio, ma anche di una certa comprensione delle azioni di questi facinorosi, dell’appartenenza che non pochi docenti sentono nel profondo (anche se non esplicitano) ad un comune brodo di coltura, o si si preferisce ad una stessa famiglia.
BENZINA SUL FUOCO
In molti ancora oggi sono convinti che anarchici e sovversivi vari siano solo compagni che sbagliano metodo di lotta. E in molti giudicano le Forze dell’ordine non espressione della Repubblica ma di un presunto italico “fascismo eterno”. Che quello che dico non sia esagerato lo si capisce frequentando un po’ le aule universitarie, oppure semplicemente dando una scorsa ai programmi di studio di molte facoltà umanistiche. Il problema è che, come la storia degli “anni di piombo” ci insegna, la situazione può all’improvviso degenerare. Alla vigilanza dello Stato, dovrebbe unirsi l’unità delle forze politiche in sua difesa. L’impressione, purtroppo, è che l’opposizione, pur di colpire il governo, stia in questi giorni contribuendo a gettare benzina sul fuoco. Non è un buon segno.