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Sallusti e l'autonomia: trionfo leghista e affare per il Sud

Alessandro Sallusti
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Il Consiglio dei ministri ha approvato il primo passo – di un percorso che non sarà breve – della riforma che dovrebbe portare a una maggiore autonomia delle Regioni rispetto allo Stato centrale. Il merito principale, indubbiamente, è di Matteo Salvini e della Lega che da anni – meglio dire da sempre – inseguono questo progetto con maggiore convinzione e determinazione dei suoi alleati. L’argomento non è tra quelli di semplice comprensione per la gente comune, in pratica l’autonomia differenziata – questo è il cuore della legge – permetterà a ogni Regione di sfruttare al meglio le proprie potenzialità e ampliare i suoi poteri su settori, per esempio la scuola, oggi di stretta competenza dello Stato.

 

 


L’Italia, a differenza di quanto sostengono le opposizioni, resta e resterà una, indivisibile e solidale al suo interno. E non è vero che la possibilità delle Regioni di correre a differenti velocità in alcuni campi porterà ad aumentare il divario tra Nord e Sud. Semmai è l’inverso: a velocità costante per tutti chi oggi è dietro non avrà mai alcuna possibilità di accorciare le distanza, e viceversa con i limiti di velocità imposti oggi chi è davanti si trova impossibilitato a crescere ulteriormente.

 

 

 

Si prende atto insomma che, per fare un esempio, la Basilicata e la Lombardia non sono la stessa cosa, hanno ovviamente necessità diverse e diverse priorità, si muovono su differenti contesti economici e sociali e con la riforma ognuno potrà spingere là dove riterrà di poter avere maggiori benefici. L’approvazione di questa riforma dimostra poi un’altra cosa e mi riferisco alla felice intuizione di Matteo Salvini a fare uscire la sua Lega dai recinti del Nord, cosa che come 7 noto ha provocato di recente qualche mal di pancia nella vecchia base di stretta fede bossiana da sempre scettica a mettere il naso fuori dalla Padania. Perché se si vuole davvero incidere sulle scelte politiche che più ti stanno a cuore, tipo appunto l’autonomia regionale, non basta il consenso poco o tanto che sia di una sola parte sia pure importante del paese. Nell’Italia “una e indivisibile” le questioni si decidono non nelle piazze, non con gli slogan bensì stando nel parlamento nazionale e nel governo centrale con un peso e una autorevolezza adeguati. 

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