Il Pd provò ad aiutare Cospito, la prova contro Serracchiani
«Il Pd non ha mai messo in discussione il 41 -bis e non ha mai chiesto di toglierlo per Cospito». A sostenerlo è Debora Serracchiani intervenendo alla Camera. Sicura-sicura? Evidentemente la capogruppo del Partito democratico non utilizza Twitter. Perché il social trabocca di post piddini che chiedono la sospensione del carcere duro per l’anarchico Alfredo Cospito. Ok, la sinistra sta dando addosso a Giovanni Donzelli, autore di un duro intervento in aula terminato così: «Dica se sta con lo Stato o con il terrorismo e la mafia». L’attenzione dunque è tutta spostata altrove. Però anche i dem hanno gestito il caso in maniera perlomeno discutibile. Ieri la Serracchiani in aula è stata netta: «Abbiamo ritenuto di visitare il carcere di Sassari e incontrare il detenuto Cospito per ragioni umanitarie, per verificare se il suo stato di salute fosse compatibile con quel carcere. Non abbiamo mai messo in dubbio l’applicazione del 41-bis e non abbiamo mai chiesto la revoca del 41-bis al suo caso».
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LA DELEGAZIONE
Ma a più riprese il partito ci sono i tweet, dopo li leggiamo - ha chiesto al governo di ammorbidire la linea sul detenuto che è in sciopero della fame da oltre cento giorni. Di più: il 12 gennaio scorso una delegazione formata dalla stessa Serracchiani e dai parlamentari Verini, Lai, Orlando, ha incontrato in carcere Cospito. «Spirito umanitario», ha chiarito la deputata dem. Lecito. La legge lo consente e anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha sottolineato che è un diritto (e dovere) dei parlamentari visitare le carceri e sincerarsi personalmente delle condizioni dei detenuti. «Noi consideriamo la Costituzione un faro», precisa sempre la Serracchiani, parlando in aula in seguito all’informativa del Guardasigilli, «a cominciare dall’articolo 27 secondo il quale la pena non può essere contraria allo spirito d'umanità. Ed è per questo che noi abbiamo visitato Cospito in carcere. Lo abbiamo fatto per senso umanitario». Però quanto è venuto fuori dal caso Donzelli - giusto o non giusto parlarne - trasforma un bel gesto in un fatto inquietante. Con gli esponenti democratici che finiscono per trovarsi in una situazione molto più grande di loro. Involontariamente.
Cospito, s’è capito, aveva avuto interlocuzioni con boss della criminalità organizzata. Individuato come la testa d’ariete per scardinare il 41bis. Lui che gode, incontestabilmente, di capacità di ascolto fuori dalle sbarre. Specie in quegli ambienti dove, più che un terrorista, è considerato “un compagno che sbaglia”. Questo “piano”, sul quale ora indaga la Procura di Roma, era ignoto alla sinistra, quando prendeva posizioni “umanitarie” in sostegno di Cospito e contro il regime carcerario duro a lui applicato. Ed ecco i tweet che Serracchiani non ha letto. Ce ne sono addirittura quattro di Andrea Orlando che, con la sua capogruppo, ha fatto visita all’anarco-terrorista. Il primo: «Mi auguro che il ministro Nordio raccolga l’appello di giuristi ed intellettuali per la revoca del 41 bis a Cospito» (7 gennaio). Il secondo: «Penso che per questo Cospito debba essere trasferito e il 41 bis revocato» (29 gennaio). Il terzo: «È urgente trasferire Cospito e revocare il 41-bis» (30 gennaio). Il quarto: «Ho detto in tutti i modi che il 41-bis va revocato in ossequio allo stato di diritto». Pure questo postato lunedì scorso.
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Poi ha parlato Carlo Cottarelli, parlamentare dem: «Il regime 41-bis va tolto a Cospito non certo per le proteste di strada e neppure per il suo disperato sciopero della fame, ma perché fin dall’inizio era una punizione esagerata. Non si tratta di cedere di fronte al ricatto, cosa sempre sbagliata, ma di riconoscere un errore». Linea condivisa dalla senatrice dem Cecilia D’Elia: «Uno Stato forte sa salvare le vite. Cospito va immediatamente trasferito dove può essere assistito. Il ministro Nordio valuti la revoca del 41bis». A chiudere, Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd: «La revoca del 41bis a Cospito è invocata non in nome delle sue idee o delle proteste degli anarchici. Ma in nome della Costituzione».
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