Elly Schlein, il silenzio di fronte ai terroristi: imbarazzo-Pd
«No comment» è stata la reazione di Elly Schlein sulla vicenda di Alfredo Cospito, il terrorista anarchico in sciopero della fame contro il 41-bis, il regime penitenziario al quale l’ex ministro della Giustizia, Marta Cartabia, l’ha destinato per ragioni di sicurezza nazionale. Di norma è bene non mischiare gli affari di famiglia con la politica ma stavolta forse sarebbe stato il caso.
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La candidata alla segreteria dem ha una sorella che fa parte del corpo diplomatico (primo consigliere) e giusto due mesi fa è stata vittima di un attentato incendiario di stampo anarchico ad Atene ed è curioso che non avesse nulla da dire sul caso politico della settimana. Ancora più strano se si pensa che il suo partito non è compatto sul 41-bis. Addirittura sospetto se si considera che ben quattro alti dirigenti del Pd si sono recati in visita pastorale a Cospito. L’unica spiegazione plausibile è che, sotto elezioni, la candidata non abbia voluto inimicarsi nessun potenziale elettore; d’altronde spesso la politica costringe a mettere in secondo piano gli affetti per cause superiori. Schlein ha ritrovato la parola solo ieri. Non per dire quello che pensa sul ricatto di Cospito allo Stato, il 41-bis, gli attentati anarchici e i presunti legami di questo mondo con la mafia. La signora ha bofonchiato due banalità sul fatto che anche i terroristi vanno curati - e chi non lo fa? - e che comunque uno Stato non può tollerare attentati, per poi partire all’attacco di Giorgia Meloni, colpevole di «inaccettabile silenzio sulla gravità inaudita dell’accaduto». Per intendersi, l’accaduto era una bagarre parlamentare tra il suo partito e l’onorevole Giovanni Donzelli di Fdi. E allora si è capito che Elly aveva fatto bene a tacere e ancor meglio avrebbe fatto a rimanere zitta.
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Di tutta la vicenda del terrorista anarchico infatti, la candidata dem è interessata solo dalla polemica che i dem hanno sollevato contro il deputato meloniano colpevole di aver denunciato alla Camera legami tra il mondo anarchico e quello mafioso, come risulterebbe da un rapporto del Dipartimento Penitenziario che sarebbe accessibile a tutti i parlamentari.
AVANZO DI CORRENTI
Se Schlein è la nuova sinistra, qualcuno ci spieghi in cosa si differenzia dalla vecchia. Anche Elly infatti si mostra abile soprattutto, se non soltanto, a cogliere la pagliuzza negli occhi altrui e ignorare la trave nei propri. Il punto su cui chi si candida a guidare quello che una volta era un grande partito e ora è un avanzo di correnti dovrebbe concentrarsi non è che il fatto che Donzelli abbia reso edotti i suoi colleghi del Pd che si erano recati in festosa delegazione da Cospito dei forti sospetti che l’anarchico sia in sciopero della fame anche per conto dei mafiosi. L’elemento centrale della vicenda è l’esistenza dei suddetti legami e il fatto che alcuni membri del partito della Schlein, facendo leva sulla protesta del terrorista, abbiano ingaggiato una battaglia contro il 41-bis che potrebbe fare il gioco dei boss. Da quando Matteo Messina Denaro è stato arrestato, una parte della sinistra agita lo spettro dell’esistenza di una trattativa tra Stato e mafia che abbia permesso la cattura del latitante trentennale in cambio di un’attenuazione del regime carcerario speciale previsto per i più pericolosi detenuti di Cosa Nostra. La maggioranza, tenendo duro sul 41-bis a Cospito, ha smentito nei fatti questa teoria. Ieri il Guardasigilli Carlo Nordio ha ribadito la posizione del governo, sottolineando come sul regime carcerario del criminale anarchico sia attesa una decisione della Cassazione per marzo, e che quindi l’esecutivo non può fare nulla.
L’unica cosa che il Pd è capace di dire e fare in merito è invocare le dimissioni di Donzelli dal Copasir e del sottosegretario alla Giustizia Delmastro dal ministero. Sterile polemica anziché riflessioni sul problema.
Forse la Schlein pensa che attaccare a testa bassa il governo e fare questioni di forma laddove ci sono problemi di sostanza sia il modo giusto per incarnare l’anima dei dem. Di certo però questo comportamento è una garanzia di continuità dello stile politico di un partito che si è castrato nelle polemiche e nei giochi di palazzo e non costituisce quel cambio di passo e ritorno alla concretezza della battaglia politica che tutti invocano e si aspettano dalla nuova dirigenza dem. Non è crocifiggendo Donzelli o biasimando la Meloni che Elly andrà lontano. Sono battaglie di retroguardia, come quelle lgbt, pro clandestini o pseudo-umanitarie, dietro le quali il Pd si è perso da anni, con risultati sotto gli occhi di tutti tranne che dei suoi esponenti, che evidentemente li hanno foderati di mortadella. Comunque per la gioia di Schlein alla fine la Meloni è intervenuta per chiedere a tutti di abbassare i toni, perché «la sfida non è al governo, la sfida è allo Stato e ci riguarda tutti».