Meloni-Salvini, l'asse sulla riforma: autonomia, cosa combia
È ufficiale: domani il ddl sull’autonomia differenziata arriverà in Consiglio dei ministri. Segno, questo, che l’ultima bozza presentata dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli ha superato l’esame del pre-Consiglio andato in scena ieri. Il disegno di legge arriverà con «qualche ritocco» alla riunione, hanno fatto filtrare da Palazzo Chigi, nel corso della quale è attesa comunque solo un’approvazione preliminare in vista di un’ulteriore verifica. Il testo completo ancora manca, insomma, le correzioni e le procedure richiederanno tempo ma l’impianto di massima c’è. Decisiva la concertazione in seno al Cdm ma soprattutto ciò che hanno fatto notare in casa FdI: il progetto si iscrive nell’architrave fissato da Giorgia Meloni nell’incontro con i 5mila sindaci riuniti da Poste Italiane. L’impegno cioè a non rassegnarsi all’idea «che ci siano cittadini, territori e servizi di serie A e di serie B». Entro questa cornice, ossia entro «una sola Italia», i paletti che ieri hanno rimodulato il testo- il coinvolgimento «rafforzato» del Parlamento dopo l’intesa Stato-Regione (ossia che si dovrebbe optare per un atto di indirizzo votato in Aula) o il fatto di predisporre condizioni migliori per la regioni svantaggiate con l’applicazione dell’art. 119 della Carta sarebbero gli accorgimenti tecnici e politici necessari per evitare ogni rischio di sperequazioni economiche e sociali in tutto il territorio nazionale.
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A queste precise condizioni – richieste a quanto risulta da Meloni stessa –, inserita poi nel paradigma della riforma “presidenzialista” (chiamata, nelle intenzioni di Fratelli d’Italia, a garantire fra le altre cose la centralità dello Stato) e di Roma Capitale, l’autonomia cara al Carroccio può iniziare il suo percorso. Un percorso, altro elemento che chi analizza il dossier tiene a far presente, che rappresenta il compimento di una normativa - legata alla riforma del titolo V - che non era mai stata perfezionata e che era stata «disattesa dai governi precedenti» per insanabili frizioni politiche. Il centrodestra, al contrario e a pochi giorni dalle Regionali di Lazio e Lombardia, può rivendicare invece di aver tenuto dentro le esigenze di tutti in una cornice unitaria. Certo, con toni diversi e sfumature che non mancano come si comprende dalle dichiarazioni che hanno accompagnato il via libera alla bozza “corretta”.
Scontata la soddisfazione in casa Lega dove il primo ad esultare è stato Luca Zaia che si aspetta per domani una «giornata storica». Per il governatore del Veneto non solo si instrada ciò che è stato sancito nella sua regione dal referendum del 2017 ma «si abbandona il centralismo, senza minare in alcun modo l'unità dell'Italia, ma anzi rinsaldandola attorno a una riforma attesa da anni». Più che appagato ma attento a rassicurare gli alleati Matteo Salvini. «Oggi ci sono italiani di serie A e di serie B? Si! Dove l’autonomia non è in vigore», ha commentato a Porta a Porta ricordando i tanti cittadini che arrivano da altre parti d'Italia «per farsi visitare in Lombardia». Per il vicepremier non solo autonomia e presidenzialismo «sono entrambi nel programma di governo e vanno avanti tutti e due» ma un’Italia «federale e presidenziale» sarà più efficiente e converrà «a tutti»: a partire, ha assicurato, dai comuni del Centro e del Sud.
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Dopo più di qualche appunto critico nelle settimane scorse, anche da Silvio Berlusconi è arrivato il semaforo verde: «Con l’autonomia le Regioni avranno più risorse e più poteri per gestire i servizi essenziali per i cittadini». Per il leader di Forza Italia ciò che è necessario è proprio accorciare le differenze, «a partire naturalmente dalla sanità di qualità» che va garantita a tutti. È questo il motivo per cui le Regioni del Sud «vanno sburocratizzate: per permettere di procedere con più velocità e per prendere in considerazione e analizzare tutte le richieste provenienti dei cittadini». Da FdI durante la giornata non è giunto alcun commento ufficiale. In serata poi la sottolineatura è a firma dalla stessa Giorgia Meloni nel video dedicato alle 100 azioni dei primi 100 giorni: «Abbiamo stabilito il principio che ogni cittadino, ogni territorio, ogni comune deve avere la stessa attenzione», ha rivendicato senza citare, ancora una volta, la parola “autonomia”. Non ce n’era bisogno.