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Donzelli-Pd, Sallusti: "L'ombra della copertura politica a un patto scellerato"

Alessandro Sallusti
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Quando non si vuole vedere luna si guarda il dito, in questo caso quello di Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia e vice presidente del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza che opera in stretto contatto con i nostri servizi segreti. Già, perché ieri mattina alla Camera il dito di Donzelli si è alzato per chiedere la parola: scusate colleghi – riassumo – dovete sapere che l’anarchico Alfredo Cospito, quello che sta facendo lo sciopero della fame per uscire dal regime del 41 bis, in cella ha avuto contatti con detenuti mafiosi per organizzare al meglio questo tentativo di spallata alle leggi dello Stato. E ancora: siccome quattro autorevoli parlamentari del Pd sono andati a trovare Cospito in carcere c’è da chiedersi se il Pd in questa vicenda sta con la mafia o con lo Stato.

Apriti cielo: bagarre in Aula, lavori interrotti, interpellanze e pure una minaccia di denuncia penale. D’accordo, la forma non è delle più gentili, ma vogliamo parlare della sostanza, cioè della luna invece che del dito di Donzelli. Perché su quella luna si comincia a intravedere la saldatura di intenti tra la mafia e il movimento anarchico capitanato da Cospito, cosa che dovrebbe fare sobbalzare sullo scranno i parlamentari del Pd molto più delle parole di Donzelli. Invece no, per la sinistra quel sospetto supportato da indizi doveva rimanere segreto, come segrete avrebbero dovuto rimanere le visite di cortesia dei suoi parlamentari a un terrorista carcerato.

 

Dico questo perché non vorrei neppure io, alla pari di Donzelli, che l’azione politica del Pd sulla gestione del caso Cospito agevolasse in qualche modo, sia pure indirettamente e concedo pure inconsciamente, anche solo un’ombra di copertura a quel patto scellerato tra anarchici e mafiosi di cui sopra. Lo dico perché non sarebbe la prima volta che la sinistra italiana si presenta incerta e timida quando si tratta di scegliere tra Stato e lotta rivoluzionaria. Vediamo cioè di non rieditare il ritornello dei “compagni che sbagliano” che fu colonna sonora del Pci all’insorgere del terrorismo brigatista degli anni Settanta.

Chiedere al Pd di dire chiaramente da che parte sta tra i bombaroli e lo Stato non è una provocazione e neppure una bestemmia. È una domanda legittima, e alla luce della reazione vista ieri pure fondata.

 

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