Autonomia, l'incoerenza di Zingaretti & Co: elogiavano la riforma, ora la demonizzano
A parole c’è tanto casino sull’autonomia differenziata a cui sta lavorando con grande passione il ministro Roberto Calderoli. In realtà sono davvero numerose le regioni che nel tempo hanno fatto richiesta di delega di questa o quella materia. E, sorpresa, non sono solo quelle del centrodestra. Tra le sue carte, il ministro vanta le domande presentate nel pieno rispetto della Costituzione e non potrebbe essere altrimenti- ad esempio, con le lettere dell’Emilia Romagna di Bonaccini, della Toscana di Giani, e pure della Campania di De Luca. Negli anni, hanno sollecitato poteri autonomi anche Umbria e Marche (con i governi regionali di sinistra). Persino la Serracchiani, quando guidava il Friuli a statuto speciale, riferì in audizione in Parlamento dell’importanza della sfida, anche se oggi urla alla divisione della Repubblica. La commedia ha più parti, evidentemente.
Ma quel che dovrebbe trovarsi da qualche parte è la richiesta della Regione Lazio di Zingaretti. Che fine ha fatto la decisione numero 44 del 16 ottobre 2018? Era una proposta col numero 16595 al protocollo regionale con tanto di titolo affascinante: “Iniziativa regionale per il riconoscimento di ulteriori e specifiche forme di autonomia perla regione Lazio, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.
IL LAZIO ERA PRONTO
Con quella decisione, coerente ad un ordine del giorno che fu approvato in consiglio regionale, Zingaretti chiedeva il trasferimento di poteri per ben cinque materie: sostenibilità della finanza pubblica territoriale e rilancio degli investimenti; qualificazione dei percorsi di accesso al mercato del lavoro, tutela e sicurezza del lavoro e sostegno previdenziale dei lavoratori svantaggiati; cinema e audiovisivo; ambiente; rapporti internazionali e con l’unione europea delle regioni. Economia. Lavoro. Cinema. Ambiente. Rapporti internazionali: una specie di Stato, insomma.
Quel giorno, la sinistra laziale stava con la Luna buona e si riprometteva una rivoluzione tale e quale a quella promessa da Calderoli. Nella stessa regione esiste il Consiglio delle autonomie locali che fu interpellato dal governatore. Non solo fu espresso un parere favorevole al percorso individuato dalla giunta regionale - era il 7 febbraio 2019 - ma i rappresentanti degli enti locali del Lazio chiedevano persino di poter partecipare alle trattative col governo e proponevano pure di aggiungere i temi della salute e della ricerca scientifica alle richieste di delega dallo Stato.
Nel dibattito in Consiglio regionale, che era stato proposto il 29 maggio 2018 da un ordine del giorno del consigliere di Forza Italia Enrico Cavallari, si faceva notare la differenza in negativo di quanto il Lazio produce e quanto riceve. L’autonomia differenziata come recupero di un gap per una regione al secondo posto in Italia come prodotto interno lordo, ma scivolata al sesto posto per quanto riscosso dallo Stato. Poi, la “decisione” della giunta regionale. Che non si sa che fine fece. Zingaretti fece lavorare Consiglio, giunta regionale e autonomie locali per poi non farne nulla? Calderoli dice che con il Lazio si arriverebbe al 70% della popolazione italiana con forme di autonomia differenziata. Magari al governatore di Roma tornerà la memoria e scoprirà di aver detto sì anche lui. Come Zaia, Fontana, ecc. E quindi dove sta tutta questa guerra al ministro, compagni del Pd?