Carlo Nordio, dimissioni? Gufi smentiti con tre parole
È stata una lunga giornata per il guardasigilli Carlo Nordio. Già dal mattino, quando dalla lettura de Il Foglio scopre di aver confidato ad altre figure istituzionali che «Se non sono accettato posso benissimo tornare alle mie letture». L’oggetto del contendere è ancora una volta la riforma della giustizia e, soprattutto, l’uso delle intercettazioni. Solo che lui, il ministro di Giustizia, a lasciare l’incarico non ci pensa proprio e a sera lo scrive nero su bianco in una nota: «Non ho mai minimamente pensato di dimettermi. In primo luogo perché con la premier siamo in perfetta sintonia. Poi perché le critiche, soprattutto quelle esposte in modo scomposto ed eccentrico, sono uno stimolo a proseguire. Ed infine perché la mia risoluzione sulla giustizia è passata con 100 voti contro 50 al Senato e con la stessa percentuale alla Camera, con una standin ovation anche da una parte dell’opposizione. Le voci sulle nostre divisioni interne conclude Nordio- sono manifestamente smentite dai voti».
CENTRODESTRA UNITO
Dalla maggioranza le reazioni sono tutte a favore del ministro, anche se nei giorni scorsi qualche timido passo indietro, forse per paura di un’escalation giudiziaria, lo si era pur registrato. Ieri però a rimettere le cose nella giusta prospettiva ci ha pensato il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Tommaso Foti: «Il ministro Nordio ha parlato dell’abuso e dell’uso strumentale delle intercettazioni, che restano fondamentali per l’attività investigativa».
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Poi Foti pone un interrogativo affatto banale: «Dobbiamo capire se sia giusto che ancora prima che un cittadino sappia di essere indagato, le intercettazioni siano già pubblicate sui giornali». Un concetto al quale si aggancia Enrico Costa, deputato del Terzo polo, che invita la maggioranza a sostenere «la nostra proposta di legge che garantisce il diritto di cronaca, ma non consente che “tomi” di centinaia di pagine di atti d’indagine finiscano sui giornali».
Da Fratelli d’Italia interviene anche l’onorevole Stefano Maullu, che se la prende con «l’incapacità del Pd e della sinistra riformista e garantista, se ancora esiste, di cogliere il nesso evidente tra le proposte del ministro Nordio e la riforma “Vassalli-Pisapia”, che ha cambiato il nostro sistema penale e dove tutti gli strumenti di garanzia dell’imputato non hanno trovato alcun riscontro nella pratica».
Di giustizia ha parlato anche il leader della Lega Matteo Salvini. E le sue sono state parole importanti, tese al dialogo con le parti che dovranno mettersi al tavolo per concordare la riforma. «Spero che sia finito il tempo dei contrasti tra politica e magistratura. C’è bisogno di serenità e tranquillità e la politica deve evitare lo scontro con la magistratura e viceversa». E ancora: «Il ministro Nordio pone l’accento su alcuni abusi, ma l’importante è che non ci siano polemiche con l’intera magistratura, perché ci sono tante persone perbene che sono in tribunale per lavorare e non per fare politica o per intercettare a casaccio. L’importante è individuare e sanzionare gli abusi, senza nuovi scontri tra pezzi dello Stato. È importante abbassare i toni. C’è bisogno di una riforma della giustizia fatta con magistrati e avvocati che lavorano assieme, non l’uno contro l’altro».
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IL GIUDICE BEATO
Intanto Nordio tira dritto, sia nella sua idea di riforma, sia nella lotta alla criminalità organizzata, come testimoniamo le parole pronunciate venerdì sera nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, davanti alla reliquia del Beato Rosario Livatino, il magistrato antimafia assassinato nel 1990 da Cosa Nostra. «Continueremo sempre la sua opera contro la mafia, con la stessa sua competenza e determinazione, ma sappiamo che nessuno potrà emularlo nella nobiltà della sua anima». Poi, osservando al camicia col sangue del Beato ha proseguito: «Cosa ci ispira questa reliquia insanguinata? Ci ispira innanzitutto la fede, quando essa sembra vacillare, ci ispira la speranza quando sembra non vi siano più ragioni per sperare, ci ispira la carità persino nei confronti dei più malvagi tra i malvagi e in fine ci ispira la giustizia».