Enrico Letta, "Io un altro partito?", gelo all'assemblea Pd
"C'è stato il tentativo di sostituirci, ma è fallito". Con queste parole il segretario uscente del Pd Enrico Letta ha aperto il suo intervento all'assemblea nazionale del partito. L'ultimo discorso da capo del Nazareno, prima di lasciare il campo al successore che uscirà dal congresso di fine febbraio (con Stefano Bonaccini grande favorito su Elly Schlein). Se "tentativo di sostituzione" c'è stato, potremmo chiamarlo un suicidio dem, visto che hanno fatto tutto benissimo da soli, senza bisogno di aiuto. E i sondaggi che danno il partito al 15% confermano la tremenda deriva post-scoppola elettorale del 25 settembre, con un Pd ridotto non solo alla immobilità, ma pure alla irrilevanza dentro il Parlamento, e forse fuori.
Non ci siamo mai fermati ma oggi facciamo un passo importante per rilanciare l’azione del @pdnetwork
— Debora Serracchiani (@serracchiani) January 21, 2023
Governa una destra forte e arrogante serve un partito unito e determinato nelle sue battaglie. Ci siamo! Grazie a @EnricoLetta per il lavoro di questi anni pic.twitter.com/hZ3GlmNhh7
Alla platea dell'Antonianum a Roma Letta giura: "Non fonderò un altro partito". Dovrebbe essere una rassicurazione e un richiamo alla unità, ma suona come una beffa per un Pd sempre sull'orlo di una crisi di nervi e con le voci di scissione mai silenziate. "L'unità viene di prima tutto - ricorda ancora il segretario, rivolgendosi idealmente a Bonaccini e Schlein -. Il lascito principale è la forza di cambiare una cosa, complicata: il segretario del nuovo Pd non può passare l'intera giornata a mettere tutte le energie in una composizione degli equilibri interni". Amarezza e orgoglio, nelle sue parole d'addio: "Io sono più determinato di quanto ho cominciato, esco più innamorato del Pd di quando ho cominciato, vi assicuro che non costruirò un partito alternativo al Pd (e sembra una stilettata a Matteo Renzi e a Pier Luigi Bersani, ndr). Non mi sono pentito di essere tornato da Parigi". E rivendica la scelta di restare segretario dopo il botto elettorale, anche se è significato "prendere solo colpi". "Questo - dice Letta - è stato un periodo duro per tutti noi e per in particolare tra i più duri della nostra storia. E' giusto che chi ha guidato il partito al risultato elettorale sia rimasto a guidare questa fase, una fase in cui, dopo una sconfitta elettorale, si prendono solo colpi... Ed è quello che ho accettato di fare, lo farò fino in fondo proprio per consentire a voi 4, mi riferisco ai 4 candidati, di risolvere quello che siamo e rilanciare la nostra storia e riscriverne una nuova".
Sui tempi del congresso, Letta osserva: "Anche io avrei voluto che il congresso fosse stato più rapido, ma alla fine meglio così. Perché c'è sempre un tempo faticoso dopo la sconfitta. Avessimo avuto un nuovo segretario a novembre, avrebbe avuto comunque il vento contro. Ora il colpo è stato assorbito e il 26 febbraio saremo pronti a ripartire". Quindi un passaggio 'privato', un accenno personale sugli ultimi mesi: "E' stato giusto tenere duro e arrivare qui oggi" ma "amarezze e ingenerosità le tengo per me. "Siamo una comunità viva" e "abbiamo una grande responsabilità, far cambiare linea al governo su tante scelte sbagliata, e costruire l'alternativa. Dico ai candidati, parlatevi fra di voi, il futuro del partito dipende dalla vostra capacità di costruire linguaggi che vi consentano di essere diversi ma di capirvi nei momenti essenziali". Quindi un grazie a due suoi punti di riferimento, qualcuno malignamente definisce "suggeritori": Romano Prodi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che "è stato la mia stella polare in questi due anni". Da una parte il passato, dall'altro l'estrema fedeltà a una istituzione che guarda al bene nazionale, non a quella di un partito: anche per questo il Pd è naufragato.