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Reddito di cittadinanza, disastro-M5s: raddoppiano i posti di lavoro vacanti

Sandro Iacometti
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Il fallimento del reddito di cittadinanza come strumento per favorire l’inserimento o il reinserimento dei disoccupati nel mondo del lavoro è ormai pacifico. Anche i più strenui difensori del sussidio voluto dai grillini hanno smesso di tentare di difendere la seconda gamba dello strumento introdotto nel 2019, limitandosi a decantarne gli effetti straordinari (anche quelli a dire il vero assai discutibili) nel combattere la povertà. Persino Giuseppe Conte, che sugli assegni erogati nel Mezzogiorno ha giocato tutta la campagna elettorale, riuscendo ad evitare la dissoluzione dei Cinquestelle e addirittura gettando le basi per la rincorsa al Pd, sono mesi che parla solo di contrasto all’indigenza e al disagio sociale.

 

 

 


Epperò c’è un aspetto perverso dell’obolo pentastellato che finora è passato sottotraccia. Già, perché il reddito di cittadinanza non solo non ha favorito l’incrocio di domanda e offerta, problema antico dell’Italia, ma è riuscito addirittura a peggiorarlo. Insomma, oltre a non portare benefici ha fatto anche danni.
A certificare le conseguenze nefaste per l’occupazione italiana ci ha pensato proprio l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, a cui tra le altre cose fa capo il coordinamento dei Centri per l’impiego e del reddito di cittadinanza, che periodicamente in collaborazione con Unioncamere diffonde il bollettino Excelsior, con cui vengono monitorate le assunzioni previste dalle imprese e le difficoltà di reperimento dei candidati.

 

I NUMERI

Vediamo i numeri. Nel 2022, secondo il rapporto pubblicato nei giorni scorsi le imprese che hanno programmato di fare assunzioni sono il 60% del totale, una percentuale che è sostanzialmente in linea con quella degli anni scorsi. A crescere, però, è il livello dei nuovi contratti, che passano da 4,6 milioni del 2021 a circa 5,2 milioni, con un incremento dell’11%. Con il crescere dell’occupazione cresce, però, anche la difficoltà di reperire sul mercato le professionalità necessarie. Il mismatch, il mancato incrocio tra domanda e offerta, è infatti arrivato a coprire circa il 41% delle entrate. Praticamente stiamo entrando in uno scenario in cui un posto su due resta vuoto. E non, badate bene, per mancanza di competenze. La scarsa preparazione dei candidati è infatti il motivo della carenza di offerta solo in un caso su tre, negli altri due non ci sono proprio le persone disponibili. Andando nel dettaglio, è vero che la difficoltà principale delle imprese è quella di trovare laureati, dove il mismatch arriva addirittura al 47%, oppure giovani usciti dagli Its (56%, dovuto principalmente al fatto che il sistema degli Istituti tecnici superiori sforna solo 5mila diplomati all’anno), ma è anche vero che quando le aziende cercano addetti che non abbiano alcun titolo di studio e nessuna esperienza, praticamente chiunque abbia voglia di lavorare, resta una incredibile percentuale di irreperibilità del 34%.

 

 

 


Siamo messi male? Sicuramente sì. Ma il vero problema è che siamo messi peggio. L’anno di confine, guarda un po’, è il 2019, lo stesso in cui ha iniziato a far girare i motori il reddito di cittadinanza. Allora la difficoltà di reperimento era inchiodata al 26% (stesso valore nel 2018), ben 14 punti meno di ora.
Certo, poi c’è stato l’anno della pandemia, che chiaramente è fuori gara. Ma nel 2021, con la ripresa dell’economia e il ritorno alla normalità, la percentuale è comunque salita al 32%. Per poi attestarsi quest’anno al 41%. In termini assoluti, nel primo anno di parziale applicazione del reddito grillino, i lavoratori che le imprese non riuscivano a trovare erano circa 1,2 milioni. Nel 2022, dopo tra anni di cura con il sussidio grillino, sono diventati circa 2,1 milioni.

 

 

 

 

 

POSTI VUOTI

Avete capito bene. Lo strumento che avrebbe dovuto non solo abolire la povertà, ma anche, come sbandierava Luigi Di Maio esaltando le meravigliose potenzialità della sua creatura, accompagnare i lavoratori verso le imprese, attraverso la sapiente opera dei navigator, ha fatto raddoppiare il numero di posti che restano vuoti (o richiedono molti mesi per riempirli) per mancanza di candidati. E attenzione perché non stiamo parlando di super ingegneri o bocconiani con master all’estero. Nel 2022 la quota di lavoratori irreperibili per cui è richiesta solo la scuola dell’obbligo è del 34%, nel 2019 era del 19%. In altre parole, se mai fosse stato possibile peggiorare le difficoltà che da sempre caratterizzano il mercato del lavoro italiano nell’allineare il fabbisogno delle aziende con le aspirazioni lavorative, il reddito di cittadinanza c’è riuscito. Vogliamo davvero credere che per aiutare gli indigenti ad uscire dal perimetro della povertà o comunque vivere in maniera dignitosa non ci siano metodi che possano raggiungere l’obiettivo evitando di distruggere il tessuto produttivo?

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