Saviano, arrenditi: mafia e sinistra, i latitanti sono i cervelli
Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi è un fortunato, si è trovato in tasca senza alcun merito il biglietto vincente della lotteria, ma ha rischiato di buttarlo nel cestino per vanagloria. Questo governo ha arrestato il capo di Cosa Nostra, latitante da trent' anni ma dev' essere un paradosso, un beffardo scherzo del destino, visto che stiamo parlando dell'esecutivo meno anti-mafioso che l'Italia abbia mai avuto. Altro che quelli che ostacolarono Giovanni Falcone. Quanto alla Meloni, mette il cappello sul lavoro di altri, contro i quali in realtà agisce sottobanco. E Salvini, lui di criminalità organizzata non sa nulla anche se, quando venne eletto senatore a Rosarno, Roberto Saviano disse che arrivava a Palazzo Madama grazie ai voti della ndrangheta. Privilegiando la propaganda alla sostanza, il grande letterato fingeva di ignorare che una legge del Pd stabilisce che ai leader candidati in più collegi viene attribuito quello dove hanno preso meno voti, che nel caso del leghista è proprio quello calabrese.
C'è anche una spiegazione sul perché Matteo Messina Denaro è stato preso proprio adesso: è evidente che è venuta meno la copertura degli uomini di Forza Italia in Sicilia, benché per la prima volta a Palazzo delle Regioni sieda un governatore azzurro. D'altronde, si sa, la mafia fa affari con tutti, ma predilige il centrodestra; quindi il fatto che gli ultimi due grandi boss finiti in manette siano stati pizzicati in uno di quei rari momenti della nostra storia recente in cui non governava la sinistra è da attribuirsi o a un regolamento di conti o a variabili impazzite.
Questa è la rielaborazione che Roberto Saviano, il sedicente maggior esperto di camorra, 'ndrangheta, mafia e affini sul quale possiamo contare, fa dell'arresto del capo della Cupola, lunedì mattina, da parte dei carabinieri, dopo trent' anni esatti di latitanza. E chi ha dei dubbi sulla sua versione, rema contro la verità e sta con i boss anziché con il bene.
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UNIVERSO PARALLELO
L'intervista rilasciata dall'autore di Gomorra alla Stampa proietta il lettore in un universo parallelo ma opposto alla realtà. Non c'è speranza di un pensiero oggettivo. La recitazione, la ricerca della potenza narrativa fanno sempre gioco sulla realtà nell'etica professionale di Saviano, così come l'insulto fa parte delle licenze letterarie, almeno a quanto l'autore sostiene per difendersi dalle querele della Meloni, che lo ha portato alla sbarra perché, anche se è premier, non ci sta a sentirsi dire che, visto che si batte contro l'immigrazione illegale, sarebbe una bastarda e ammazzerebbe i bambini. A proposito, il barbuto Savonarola coglie l'occasione dell'arresto di Messina Denaro anche per tentare un pirotecnico paragone tra la leader di Fratelli d'Italia e il boss Graviano, da trent' anni in carcere e che lo accusa di dire falsità nel suo ultimo libro, beandosi del fatto che sono in tanti in questo periodo a volerlo portare in tribunale.
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È così. Le manette al capo di Cosa Nostra hanno scatenato i bassi istinti di chi per anni ha campato sulla teoria che la destra sia mafiosa per definizione, cosa peraltro totalmente sganciata dalla storia. Se "U steccu" ha accolto con rassegnazione il proprio arresto, i suoi nemici sulla carta ne sono rimasti sconvolti. Non se ne danno pace, non si arrendono. Prefigurano complotti e trattative tra lo Stato e la mafia come se la Meloni, insediatasi da meno di tre mesi, abbia potuto incanalare e portare a termine un'intesa con Cosa Nostra sull'arresto del suo capo. Cose da neurodeliri. Sarebbe stupido sopravvalutare la mafia, ammette Saviano, che però aggiunge che quella di oggi ormai è più debole di camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita, sono passati i tempi di Riina. E perciò, si lascia intendere, non era poi troppo difficile pizzicare quell'anziano malato in clinica che faceva tutti fessi da trent' anni e si è macchiato delle maggiori efferatezze italiane. Avrà ragione l'esperto, ma il fatto è che nessuno finora era stato in grado di farlo, neppure il sommo Draghi; e tantomeno i governi grillini o piddini, i partiti più antimafia d'Italia, considerazione che però il bardo dell'epopea delle organizzazioni criminali si risparmia.
QUANTE LACUNE
E allora vogliamo colmare noi qualche lacuna nel racconto dell'autore di Gomorra, ricordandogli che i boss, da Provenzano a Messina Denaro, ma in fondo anche Riina, vengono sempre presi quando la sinistra sta a guardare. Ma non è solo una questione di arresti, che comunque non sono poca cosa; anche le leggi anti-mafia sono prerogativa del centrodestra. A Berlusconi il merito del carcere duro per i mafiosi, quello che consente di buttare la chiave quando si prende un boss, precludendogli tutti i benefici penitenziari. Alla Meloni il merito di resistere alle pressioni per togliere il carcere ostativo e, perché no?, della fortuna. E sempre ai governi del leader di Forza Italia va anche riconosciuto di aver creato i nuclei speciali per la cattura dei latitanti. Il tutto mentre le Procure che piacciono a Saviano tenevano alla sbarra per 25 anni servitori dello Stato come Subranni, Mori, De Donno e il Capitano Ultimo, accusandoli di non aver perquisito il covo di Riina, di aver tardato l'arresto di Provenzano e di aver trattato con Cosa Nostra. Parliamo di uomini che hanno combattuto la mafia sul territorio e ne hanno arrestato i capi ma la cui azione e le cui carriere sono state sabotate da processi terminati immancabilmente con l'assoluzione.
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A proposito di balle, non è vero che i limiti che il nuovo Guardasigilli, Carlo Nordio, vuol mettere alle intercettazioni avrebbero impedito l'arresto di Messina Denaro, perché essi non si applicherebbero, come spiegato fino allo sfinimento dal ministro, ai reati di mafia e terrorismo. E per quanto riguarda i tre mafiosi che rischiano di non essere processati in quanto manca qualcuno che li quereli, è un regalo della legge Cartabia, predecessore di Nordio voluto dalla presidenza della Repubblica, la quale ha fatto una riforma che garbava al Pd e che Lega, Forza Italia, Fdi e radicali hanno cercato disperatamente di scongiurare, anche convocando i referendum sulla giustizia falliti nella scorsa primavera.