Zaia a valanga: "Ecco cosa dicono le carte", Crisanti asfaltato
A parlare saranno le carte. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, in una intervista a Il Corriere della Sera interviene sulla polemica con il microbiologo Andrea Crisanti, oggi senatore del Pd, ma dal settembre del 2019 direttore del laboratorio di microbiologia di Padova. Una polemica che vede sotto inchiesta i dirigenti regionali Patrizia Simionato e Roberto Rigoli per un esposto dello stesso Crisanti, che però a Vò euganeo non c’era. "Ho conosciuto Crisanti sette o dieci giorni dopo il 21 febbraio 2020, il giorno in cui è partito il focolaio di Vò euganeo. Prima di allora non l’avevo mai incontrato, sentito o conosciuto", chiarisce Zaia: "Alla riunione del 21 febbraio 2020, no. Io quella sera, sulla base di quel paziente, poi diventato il primo morto in Italia, ho deciso in totale autonomia e contro le linee guida dell’Oms che prevedevano il tampone solo per i sintomatici, di fare il tampone a tutti e 3.500 abitanti di Vò e di chiudere il Comune con la zona rossa".
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Il professor Crisanti, continua il governatore, "mi chiama dopo una settimana circa, si presenta e mi dice, testuale: ’Lei ha creato le condizioni per qualcosa che non esisteva, la chiusura del Comune e i tamponi. Mi finanzierebbe i tamponi a fine quarantena, allora di quindici giorni, che così ci faccio uno studio?’. E io così ho fatto".
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Sull'intercettazione che lo riguarda Zaia dice: "Non ho nulla da nascondere e mi rendo responsabile di ogni cosa che dico. Purché contestualizzata. Tra l’altro, io non ero l’intercettato. A noi tutto è stato notificato come eventuale parte offesa. Con rassegnazione, devo prendere atto che sono state diffuse intercettazioni che non potevano esser diffuse. In questo paese, ormai la normalità". In merito, infine, alla frase "stiamo per portarlo allo schianto", il governatore spiega: "Significa che lui sosteneva di essere stato denunciato dalla Regione. Ne è partito un dibattito sui giornali molto importante, che ha coinvolto anche il Senato accademico di Padova. Nonostante noi avessimo detto che non era vero, la polemica proseguiva. E dunque, il linguaggio in una conversazione privata può essere stato un po' forte, ma significa semplicemente quello: che andando a vedere le carte, il professor Crisanti ci avrebbe dovuto dar ragione. Non era una denuncia".