Speranza fa lo sciacallo: frase indicibile sulla Meloni e il Covid
Milano. Aeroporto internazionale di Malpensa. È fine dicembre ma sembra il febbraio del 2020. Quel febbraio tragico, infame, in cui non sapevamo cosa aspettarci e che ci ha fatto scoprire il coronavirus. Santo Stefano, tre giorni fa. Atterrano due aerei, provengono dalla Cina. A bordo ci sono, complessivamente, 212 passeggeri. Circa la metà di loro è positiva al tampone del Sars-cov2. Pechino ha appena riaperto le frontiere, ha ripreso a rilasciare passaporti e visti, ha dismesso la rigida politica dello "zero-Covid" dopo il fallimento che si legge nei fatti. Mica nelle dichiarazioni ufficiali. Però noi siamo qui, dall'altra parte del mondo. Da noi la pandemia sta lentamente scivolando verso la convivenza col virus. È il momento in cui alzare le barriere, quelle di protezione, perché sì, è vero: ci siamo vaccinati e abbiamo fatto bene. Ma no, non possiamo permetterci di ripiombare nel marasma di tre anni fa, nei lockdown e nelle quarantene di massa. Il pericolo, lo ripetono gli esperti, è che nel Dragone si possa essere sviluppata una variante nuova, non necessariamente più aggressiva, ma non coperta da quell'immunizzazione che, a fatica, ci siamo guadagnati. E allora ricomincerebbe tutto, «come da un rendez-vous». Regione Lombardia ci pensa. L'Ats (l'Azienda di tutela della salute) dell'Insubria ci pensa. Lo fanno subito, prima ancora che si muova il governo centrale, prima ancora che altri scali le (vedi quello romano di Fiumicino o quello napoletano di Capodichino).
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I NUMERI
Ci sono le feste, ci sono gli spostamenti, ci sono le vacanze. Ai 212 viaggiatori che arrivano dalla Cina viene chiesto di sottoporsi a un tampone.
Non è obbligatorio, però lo fanno tutti: 97 hanno il Covid. Novantasette su 212 sono praticamente la metà: il 38% di quelli che scendono dal primo volo, il 52% di quelli imbarcati sul secondo. «Numeri che devono fare riflettere», commenta l'assessore al Welfare lombardo Guido Bertolaso. Tornano i tamponi in aeroporto, tornano i casi positivi dalla Cina, torna pure l'ex ministro della Sanità, Roberto Speranza, Articolo Uno, che se la prende con l'esecutivo Meloni: «La strategia di Fratelli d'Italia di far finta che il Covid non esiste più e che dei vaccini si può fare a meno mi pare fallita, la realtà è più forte della comunicazione», sbotta fuori da Montecitorio. Ma che c'entra? Qui, semmai, è il contrario. La Lombardia, Roma, si è mossa all'istante. E infatti a Speranza risponde il presidente dei senatori di Fdi, Lucio Malan: «Parla lui che ha imposto le limitazioni più dannose e aveva il tasso di mortalità tra i più alti del mondo».
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ASINTOMATICI
Bertolaso, da Milano, rassicura: «Tutti i passeggeri non presentano sintomi particolari, non mostrano visibilmente sintomi della malattia». D'accordo che sono stati messi in isolamento, che sono stati tracciati, che «la situazione è sotto controllo e l'incidenza dei casi, in Regione, è di 203 su 100mila abitanti e in sette giorni, cioè meno della media nazionale». Però il vero responso arriverà solo oggi, nelle prossime ore. «Abbiamo attivato la procedura del sequenziamento», continua Bertolaso. Vuol dire che i laboratori lombardi hanno lavorato tutta la notte, questa notte, chini su quelle provette prelevate al gate di sbarco, per capire. Per individuare quale sia, effettivamente, lavariante che circola adesso in Cina. Ché se è Omicron, o della famiglia di Omicron, potrebbe passare senza grossi problemi. Altrimenti saranno dolori. È difficile stimare quanti siano, sul serio, i contagi giornalieri nel Paese asiatico (l'epidemiologo Pierluigi Lopalco ipotizza che entro la fine del mese si potrebbero contare 250 milioni di casi); figurarsi avere notizie dettagliate e report aggiornati. Potrebbe trattarsi di Xbb.1.5, nome in codice: Gryphon, una sottovariante di Omicron, c'è quasi da augurarselo, che ha fatto schizzare su i contagi del 140% anche a New York, nell'ultimo mese. Ma al momento si tratta di supposizioni. Il verdetto, ufficiale, uscirà oggi e dal tavolo lombardo: bollato e certificato dai nostri ricercatori. Esattamente come in quel 2020 quando tutto, in Occidente, è iniziato a Codogno. Nei giorni di Natale (l'ultimo bollettino disponibile è di sabato 23 dicembre) si contavano, in Italia, 436.435 casi di coronavirus, 137mila in più rispetto ai sette dì precedenti, con una media in incremento di quasi 20mila al giorno. Meno, comunque, della settimana prima. Ci sono stati anche 798 decessi, 9.065 ospedalizzati e 312 pazienti finiti in terapia intensiva: il tasso di positività era al 13,4%. La mappatura dei viaggiatori in arrivo dalla Cina serve a scongiurare la ricaduta: «È la prima volta e l'Italia è il primo Paese al mondo che prende questa decisione in questa fase dell'epidemia», conclude Bertolaso (e qualcuno lo dica a Speranza).