Il Pd odia Giorgia Meloni perché disprezza il popolo
Quest' odio della sinistra nei confronti di Giorgia Meloni e del governo che presiede è qualcosa di più profondo del mero rancore ideologico o della rabbia per la bruciante sconfitta elettorale. Le uscite quotidiane all'insegna dell'invettiva personale, della violenza di gruppo e della bacchettoneria intellettuale e accademica colpiscono la premier per il solo fatto di essere stata eletta dal popolo italiano e di governare in suo nome. Il crescente malessere della sinistra nasconde un forte senso di insicurezza nei riguardi della "legittimità" democratica. La premier, infatti, agli occhi dei suoi velenosi detrattori, è il prodotto di una sovranità popolare "sbagliata". E gli attacchi continui alla sua persona appaiono come il segno di un grave disagio nei riguardi del responso elettorale. Un disagio che assume livelli di aggressività mai visti prima d'ora.
SOVRANITÀ CONTESTATA
La delusione della sinistra perla sua stessa incapacità di motivare l'elettorato si sta cristallizzando in una sensibilità palesemente antidemocratica, che investe la vita pubblica nel suo complesso. È un vero e proprio disprezzo per la democrazia e i suoi processi decisionali e di rappresentanza. Qualcuno la chiama "demofobia", la paura del popolo. Se in medicina la demofobia è il timore insopportabile degli affollamenti, spesso associato all'agorafobia, in politica è l'ossessione per il consenso democratico. Che si traduce in una condanna inappellabile per il "popolo" reo di avere votato per cause e ragioni non gradite ai demofobi.
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Tale disgusto investe inevitabilmente le persone che da quel consenso sono state beneficiate. Da qui l'odio per il presidente del Consiglio. Il linguaggio a dir poco intemperante adottato dai polemisti anti-Meloni, cui puntualmente segue la protesta aggressiva nelle piazze, offende gli elettori, di fatto accusati di non disporre delle risorse morali e intellettuali necessarie ad agire come cittadini virtuosi e responsabili. Del resto, dall'alto di una supposta superiorità morale e culturale, la sinistra è da tempo convinta che le masse ignoranti vadano "rieducate" dalle élite tecnocratiche. Così si spiega il tono paternalistico degli ideologi ingaggiati dal mainstream per esprimere le ragioni dell'elitarismo autoritario.
Benché le radici massimaliste e totalitarie basterebbero a spiegare certe tendenze antidemocratiche, è il fondamento normativo dell'odio a destare meraviglia e preoccupazione. In un libro dal titolo Democracy under Siege ("Democrazia sotto assedio"), Frank Füredi, professore emerito di sociologia all'Università del Kent, ha sostenuto che la demofobia si è enormemente propagata all'indomani del referendum sulla Brexit e dell'elezione di Donald Trump. Da quel momento, parole come "populista", "autoritario", "illiberale" e "antidemocratico" sono state utilizzate ovunque come sinonimi di "populista". Quando pubblicò il suo libro, nel 2020, questo autore non poteva ancora considerare il caso dell'Italia, dove la demofobia sta assumendo forme ancora più gravi.
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Qui, infatti, il risentimento si esprime nei riguardi di una donna di destra, quindi automaticamente populista. Ma l'accusa di populismo, in Italia più che altrove, esprime un malcelato disprezzo nei confronti della democrazia. La vera ragione per cui la sinistra disprezza il populismo, infatti, non sta tanto nella sua potenziale minaccia nei riguardi della democrazia, quanto nel fatto che il popolo dimostra di rifiutare l'autorità dell'establishment tecnocratico. La colpa della Meloni, insomma, è di far credere che le decisioni debbano riflettere la volontà del popolo e non il punto di vista degli esperti e tecnocrati di sinistra. È grave che invece di esplorare le implicazioni della sua perdita di credibilità tra la gente, la sinistra preferisca puntare il dito contro colei che di quella credibilità è stata democraticamente investita.
CONSENSO TECNOCRATICO
In definitiva, nella democrazia italiana la sinistra vede una specie di virus che blocca il consenso tecnocratico e che per questo vorrebbe mettere in quarantena. Il problema è che il disprezzo elitario per le capacità morali e intellettuali del popolo italiano e di chi lo rappresenta assume sempre più forme collettive, con il rischio di compromettere seriamente il gioco democratico. Come tutte le forme di odio irrazionale e preconcetto, anche la demofobia può avere conseguenze violente. E fin quando non si trova la medicina giusta per guarire il rischio rimane molto concreto.