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Berlusconi-Renzi, un amore non consumabile

Pietro Senaldi
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Il Cavaliere: «Ho sempre stimato Renzi e ho sempre pensato che giocasse in una metà campo che non è la sua. Certamente, se lo volesse, potremmo lavorare in sintonia su diversi temi, ma gli italiani hanno scelto alle elezioni da chi vogliono essere governati». Il Rottamatore: «Sì, è vero, su certe cose la pensiamo allo stesso modo. Berlusconi è Berlusconi, lo puoi amare e lo puoi odiare ma Forza Italia è sua e questo vale fino alla fine di Berlusconi, che ha sette vite e alla fine li frega tutti». La storia: quando era un giovane leader di belle speranze, Matteo Renzi si è convinto per un attimo un po' troppo lungo di essersi messo in tasca Berlusconi. Mentre Forza Italia sosteneva il primo governo di Enrico Letta e lui era in corsa per la segreteria del Pd, l'allora sindaco di Firenze dichiarò che Silvio, dal quale era stato in visita culturale nella villa di Arcore solo pochi mesi prima, era "game over". Poi ci governò insieme, ci litigò, con qualche ragione, sull'elezione di Mattarella al Colle e gli sfilò una fetta di partito. Quando, per ripicca, il Cavaliere ritirò gli azzurri dal governo, Renzi convinse Alfano ad affrancarsi dal suo capo e quello per lui fondò l'Ncd, suicidandosi. Poi Matteo si prese anche Verdini, il mago dei numeri parlamentari di Silvio, e quelli di Ala. Allorché l'allora premier perse il referendum, esattamente sei anni fa, il banchiere fiorentino provò a convincerlo a dimettersi dal Pd, fondare con Berlusconi il partito della Nazione e andare al voto, ma Matteo non si lasciò trascinare nell'avventura. Probabilmente si sovrastimò, o ebbe paura di osare, oppure fu ostacolato dall'uomo che mise al Quirinale a costo di litigare con Berlusconi. Fatto sta che prima Renzi perse l'attimo, poi le elezioni, quindi il Pd.

I RAPPORTI
Da allora è passata molta acqua sotto i ponti e il nuovo partito del Rottamatore, Italia Viva, vale tuttora meno della metà della formazione del Cavaliere, che pure non è al massimo della salute. Per arrivargli poco sotto, il leader fiorentino deve unire i consensi della sua Italia Viva a quelli di Azione. Sono cambiati anche i rapporti tra i grandi spacconi della politica. Prima si stimavano in segreto, ora lo fanno pubblicamente. Decisivo, nel riavvicinamento, è stato il calvario giudiziario di Renzi e dei suoi genitori. La battaglia sulla giustizia, o forse sarebbe più appropriato dire per la giustizia, affratella i due e ha creato un legame personale destinato a non spezzarsi. Un'intesa rafforzata dalla passione di entrambi per la politica estera e per i discorsi in pubblico.
Il punto è che al momento i due, da opposti fronti, si rivolgono al medesimo elettorato, quello moderato e liberal, con e senza "e". Gli interessi personali perciò confliggono. I fastidiosi venticelli della politica romana poi continuano a soffiare una suggestione destinata a non avverarsi, ma che ha acquisito un certo spessore anche per il solo fatto di essere ripetuta incessantemente.

È noto che Forza Italia gioca il ruolo dell'anima critica nel governo e ha puntato i piedi su più di un capitolo della Finanziaria. È altrettanto noto che le aperture di Calenda verso la Meloni e lo storico situazionismo di Renzi fanno pensare che, qualora la maggioranza dovesse avere bisogno di una stampella causa turbolenze azzurre, Azione e Italia Viva sarebbero pronte a valutare il sacrificio. Così almeno la pensano in tanti nei banchi del centrodestra, che infatti non lesina a calendiani e renziani poltrone e occhi di riguardo in Parlamento. C'è però tra Calenda e Renzi una differenza di comportamento decisiva, che rende il secondo molto più simpatico del primo al Cavaliere. Intendiamoci, Silvio li ritiene entrambi innocui e velleitari. In cuor suo pensa, senza dirlo pubblicamente, che l'ex montiano sia bravo ma inaffidabile, anche un po' instabile. Quanto all'ex premier, è persuaso che sia ancora più bravo ma con un grande futuro alle spalle, bruciato, passato, molto più di quanto non lo pensi di se stesso. Ma tornando alla simpatia, Calenda non gli piace, perché è intento a farsi forte pescando nella vecchia classe dirigente che Berlusconi aveva messo in seconda fila e che invece il leader di Azione ricicla e rispolvera come fosse argenteria nuova. Silvio lo guarda come uno che indossa le sue vecchie giacche, che naturalmente non gli stanno su misura perché non sono fatte per lui.

Insomma, al Cavaliere Renzi piace di più, perché se ne sente più rispettato. Ah, se la Meloni lo rispettasse e lo coccolasse in pubblico quanto ostenta di rispettarlo Renzi... Berlusconi sì che saprebbe essere collaborativo e prodigo di consigli con lei, come ha detto anche ieri, dichiarando di non permettersi correzioni pubbliche alla bravissima premier, ma di essere pronto a suggerimenti privati. Quanto all'ex leader del Pd, Silvio sa che Matteo punta ai suoi voti, ma apprezza che non punti anche al suo scalpo e che glieli contenda come un vero erede dovrebbe fare, accarezzandolo, consolidandolo, rafforzandolo anziché attaccandolo.

LA SCELTA DELLE URNE
Che ne scaturirà? Nulla, ed è lo stesso Berlusconi a chiarirlo, quando dice che gli italiani hanno scelto da chi farsi governare; il che significa, secondo la sua ottica, che Renzi e Calenda, hanno già chiesto il voto come campioni del centrismo, eredi di Draghi e figuranti di Macron in Italia, ma la loro offerta è stata ridimensionata dalle urne, il solo responso a cui Silvio si è sempre sottomesso. L'offerta premiata infatti è quella del centrodestra e della Meloni, che il leader di Forza Italia vorrebbe vedere seduta al suo tavolo, a villa San Martino, dove ogni tanto capita Renzi. L'argomento della conversazione sarebbe il futuro del centrodestra, con sul piatto l'idea della creazione di un grande partito che accolga tutto lo schieramento e nel quale Berlusconi possa far confluire idee, forze e uomini. Non più per guidare la coalizione, perché comandano i numeri e i tempi, ma per stare nella stanza dei bottoni, che il leader azzurro considera la sua collocazione naturale, la sola possibile. E l'amico Matteo? Sta dalla parte sbagliata, se è vero il sondaggio reso noto martedì sera da Carta Bianca secondo il quale solo il 9% degli elettori di Azione e Italia Viva si sentono più di centrodestra che di centrosinistra.

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