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FdI, la bufala della "lobby nera"? Ora tutti zitti: chi non pubblica una riga...

 Carlo Fidanza

Pietro De Leo
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Piccolo prontuario di un male che, purtroppo, continua a covare nel racconto giornalistico dei casi giudiziari. Tema: la cosiddetta "Lobby nera", ossia il presunto caso di finanziamento illecito che coinvolgeva alcuni esponenti del centrodestra milanese, come gli europarlamentari di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza e della Lega Angelo Ciocca. Per i più deboli di memoria è opportuno ricordare la copertura giornalistica del caso, che, prima di approdare all'indagine giudiziaria, scoppiò con una inchiesta di Fanpage condotta attraverso un giornalista infiltrato nell'ambiente della destra meneghina che ha fatto ampio ricorso a registrazioni attraverso telecamere nascoste. Da cui sembrava emergere un quadro di presunte dazioni in nero per foraggiare attività politiche e campagne elettorali.

TEMPISMO PERFETTO - Prendiamo una "giornata test", il 2 ottobre 2021. Data non casuale: eravamo alla vigilia del primo turno di una tornata elettorale di amministrative, che riguardava peraltro Milano (poi vinta a mani bassi dal centrosinistra). Repubblica sparava un titolone in prima pagina: «Dai neonazi ai soldi sporchi, i video che accusano Fdi». Nel catenaccio, tra le altre cose, si notava: «Il capogruppo Fidanza si autosospende». Due commenti, sempre con richiamo in prima: «La destra impresentabile» e «Dal cuore nero al Parlamento».

 

 

Domani, invece, titolava così: «La Procura ora indaga sui fondi neri al partito di Meloni». Il Fatto Quotidiano: «Fondi neri a Fdi, Fidanza sospeso, indagine dei pm». Era il racconto suggestivo dell'approdo giudiziario di un'inchiesta giornalistica, in cui si animava la figura del "Barone nero" Jonghi Lavarini, e a sottendere a tutto questo la cara, vecchia evocazione del pericolo neofascista eccetera eccetera.

Ebbene, poco meno di quarantotto ore fa c'è stata una novità, la Procura di Milano starebbe per chiedere l'archiviazione sulle contestazioni mosse agli otto indagati (tra cui i parlamentari sopra citati, un consigliere regionale allora della Lega, oggi in "Comitato Nord", Massimo Bastoni, e una consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Chiara Valcepina), ossia riciclaggio e finanziamento illecito ai partiti. Un ribaltamento del racconto, arrivato dopo un anno di graticola. Che ci siano stati, da parte di quei giornali allora così solerti, prime pagine e titoloni? Macché, nulla di nulla. I fustigatori indefessi si sono trasformati in sorvolatori distratti. O ancora in ligi risparmiatori d'inchiostro.

 

 

Uno schema troppe volte visto, in un trentennio in cui il generone progressista, giornalistico o intellettuale, ha spesso trasformato la fregola accusatoria in arma politica, che ha distrutto carriere ed infangato figure. Nel frattempo, è tornato anche a parlare lo stesso Fidanza, a Omnibus, su LA7, intervistato da Andrea Pennacchioli. Respingendo le argomentazioni di chi, nei giorni scorsi, da sinistra aveva accostato la questione della presunta "Lobby Nera" a quella del Qatargate. Una vicenda, quest' ultima, che sta terremotando il mondo socialdemocratico in Europarlamento.

«Si devono mantenere le giuste proporzioni ed anche un minimo di correttezza nel dibattito politico», ha detto Fidanza, «perché essere accostati a delle vicende così gravi è inaccettabile, sia sul piano personale che perla correttezza del dibattito». Il Qatargate, ha detto Fidanza, è «il più grosso scandalo che le istituzioni europee abbiano conosciuto». Ma nel mondo dei "buoni per forza", si sa, non c'è senso delle proporzioni.

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