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Pd, scoppia la bomba-scissione: perché tra poco può finire tutto

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Deve tenere duro fino al 19 febbraio, quando lascerà la segreteria del Pd. Ma fino a quella data Enrico Letta è costretto a fare i conti con i guai del suo partito attaccato dall'esterno ma soprattutto lacerato al suo interno. Maria Teresa Meli sul Corriere dà conto delle dichiarazioni di Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi, tra i fondatori del Pd. In un convegno organizzato dai popolari contesta l'ipotesi di un cambio radicale del manifesto dei valori del Pd. "Chi lo farà si assumerà la responsabilità delle conseguenze", ha detto Castagnetti lasciando aleggiare l'ombra della scissione: "Non minaccio nulla, ma se cambia la natura del Pd le cose non resteranno così, ci sarà sicuramente un'iniziativa". E intanto Luigi Zanda, proprio in quel convegno, annuncia le dimissioni dal comitato che dovrebbe stilare la nuova carta dei valori: "Non condivido radicalmente il metodo".

 

 

Dall'esterno i colpi maggiori al Pd arrivano invece dai "colleghi" delle altre opposizioni, come non manca di far notare Letta: "Dopo aver fatto di tutto per farci perdere le elezioni, ora fanno di tutto per sostituirci come opposizione". In prima fila c'è Giuseppe Conte che ha deciso di andare per conto proprio nel Lazio e che tentenna sull'appoggio a Pierfrancesco Majorino in Lombardia. "Servono garanzie sul candidato", sostiene il leader del M5S riferendosi al caso Qatar visto che Majorino è stato eletto a Strasburgo. L'europarlamentare dem è tranquillo: "Hanno voluto sapere cosa ho votato sul Qatar e lo stanno capendo", ma nel Pd il timore di fare la fine del partito socialista francese si sta amplificando.

 

 

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