Salvini 'sistema' Sgarbi: "A ognuno il suo mestiere", l'orgoglio del leghista
Il cavillo giuridico, o cavallo di Troia a seconda dei punti di vista, è tutto lì:«Vincolo storico -relazionale». E tanto il cavillo, evocato dal sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, quanto il cavallo di Troia, caro agli ambientalisti e ai comitati pro Meazza, rischiano di far saltare la realizzazione del nuovo stadio, pensato da Intere Milan, ma difeso da Salvini. Se a tutto ciò si aggiunge la manifesta indisponibilità di un pezzo della maggioranza, a partire dai Verdi nel sostenere la giunta comunale, guidata dal sindaco, Beppe Sala, (giovedì in Consiglio comunale approda un ordine del giorno del Pd per proporre a Milan e Inter modifiche al progetto del nuovo stadio, nove consiglieri di maggioranza e uno di minoranza sono contrari all'operazione), il finale di partita del progetto per il nuovo stadio sembra essere già scritto.
Sembra. Perché contro Sgarbi - sullo stadio di San Siro «stiamo preparando un vincolo per tutelare il monumento. L'iter è già partito, a breve lo firmerà il direttore generale del ministero. La demolizione sarebbe insensata», dice il sottosegretario in una intervista a Repubblica - è sceso in campo il vice premier, e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, aprendo un nuovo fronte. «C'è qualche uomo di governo che dice cosa bisogna di fare o non fare a Milano», afferma il leader della Lega, «noi abbiamo bisogno di uno stadio nuovo, sicuro ed efficiente. Ognuno si occupi del suo mestiere. Qua ci sono privati disponibili a investire un miliardo e duecento milioni sulla città: facciamoglielo fare». Insomma, il caso dello stadio di Milano rischia di coinvolgere il governo, mettendo la giunta Sala nelle condizioni di sostenere la posizione di Salvini.
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Quello del vincolo è un tema vecchio e nuovo al contempo. Fra gli addetti ai lavori, architetti e esperti di beni storici, è materia nota. Non quotidiana, però conosciuta. Ma per i tifosi di Inter e Milan, trattandosi dello stadio Meazza e del progetto per la realizzazione di un nuovo impianto nell'area di San Siro, non contano cavilli e Cavalli, ma solo i fatti.
Cioè dove si giocano le partite. «È chiaro che ci sono pro e contro per tutte le scelte però bisogna prendere delle decisioni perché le nostre squadre, se vogliono competere ad alto livello, hanno bisogno di avere uno stadio moderno che consenta loro di avere dei redditi ulteriori. Credo che sia giunto il momento di arrivare a una decisione», sottolinea il presidente della Regione, Attilio Fontana. Per quanto possa apparire scontata, la posizione del governatore rappresenta miglior sintesi, se non l'unica della situazione in cui è finita la vicenda dello stadio, divenuta una sorta di buco nero della politica milanese.
«Ora sia la giunta, con coraggio e serietà a buttare nell'operazione tutto il peso politico di Milano, e a convincere le squadre (o una sola) a ristrutturare il Meazza e a riqualificare la zona nell'interesse dei cittadini», sostiene il capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale, Carlo Monguzzi, «sarebbe un peccato che per la miopia politica del Comune la zona rimanesse così come adesso». Perché non di solo stadio si vive.
LE OLIMPIADI
Non solo. Sullo sfondo di tutta questa storia si staglia, come un'ombra pesante, la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi del 2026. Nel dossier Milano Cortina si parla espressamente di San Siro come sede e visto che quella data non ci sarà un nuovo stadio la questione è chiusa. Apertissima, invece, quella dei lavori di adeguamento dell'impianto, come chiesto dal Cio, a carico dell'amministrazione. Secondo le stime più attendibili, anticipate da Libero, accogliere adeguatamente in tribuna d'onore capi di Stato e delegazioni internazionali, per non parlare degli inviati provenienti da tutto il mondo, comporterà un costo variabile fra i 10 e i 15 milioni di euro. L'amministrazione comunale, consapevole di ciò, avrebbe già chiesto ai vertici dell'operazione olimpica come aggredire la questione e a chi spettano realmente i costi. In pratica il Comune vorrebbe una mano, nel senso economico del termine, per adeguare il Mezza alle indicazioni del Cio. E non sarebbe l'unica criticità. Più di un addetto ai lavori, particolarmente esperto della materia, avrebbe fatto notare a tutti che ospitare a San Siro i delegati provenienti da tutto il mondo, con un cantiere aperto a pochi metri di distanza, nel caso in cui dovessero partire i lavori per il nuovo stadio, non sarebbe un bel biglietto da visita per nessuno.
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Se davvero Milano vuole ottenere dalle Olimpiadi quel riconoscimento internazionale, andando aldilà dell'effetto Expo, in grado di competere alla pari con Parigi e Londra, l'amministrazione comunale deve fare scelte chiare, ora. Insistere sulla politica del palleggiamento rischia di vanificare i possibili effetti positivi. Le varesine due sarebbero una sconfitta epocale. E tanto il cavillo di Sgarbi- ovvero il "vincolo storico-relazionale" per la Scala del calcio) quanto il cavallo di Troia dei comitati - compresi i ricorsi al Tar potrebbero essere il punto di svolta di tutto. Aspettando le Olimpiadi del 2026 e i prossimi derby.
LE DUE SQUADRE
«Certo è che se fossi nelle squadre meneghine scapperei a gambe levate da Milano lasciando al sindaco e al Pd il cerino in mano», afferma Alessandro De Chirico, capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, «e soprattutto un impianto abbandonato che il Comune e i milanesi non possono permettersi di manutenerlo senza le squadre».