Pd, clamoroso flop della manifestazione a Roma: la foto che dice tutto
I simboli e i ricordi hanno valore universale, ed è meglio lasciarli dove sono se il rischio di scalfirli si fa concreto. Ed è quanto accaduto ieri, alla manifestazione che il Pd ha convocato a Roma. Titolo: "Insieme: per difendere sanità pubblica e politiche sociali". Luogo: Piazza Santi Apostoli. Teatro delle luci del prodismo che fu, dei quartier generali dell'Ulivo e i palchi su cui si festeggiarono le uniche due vittorie del centrosinistra, nel 1996 e nel 2006.
C'erano le telecamere di mezzo mondo, allora. E c'era un popolo. Enrico Letta, che di quella storia era giovane leone, oggi si ritrova ad officiare un rito stanco di un sabato prima di Natale. Con un Pd compresso tra pene proprie e glorie altrui. Nei giorni in cui il supposto primato morale vien giù sotto i colpi dell'inchiesta cosiddetta Qatargate. Nei giorni dove, poche centinaia di metri più in là, il tendone di Giorgia Meloni è strapieno. Ed allora ecco che Piazza Santi Apostoli si trasforma non solo nella metafora del flop, ma anche nell'istantanea di una storia forse nel suo punto più basso. Dove tutto appare quasi surreale.
"Schifo". Benifei, la figuraccia: Rampini zittisce il capo del Pd in Europa
MUSICA SBAGLIATA
Persino la colonna sonora, "Sunday Bloody sunday" degli U2. Non è domenica ma sabato, ma è un bagno di sangue quanto a presenze e soprattutto grinta. Se questa è la spinta pre congressuale, devono aver avuto una stretta al cuore i due contendenti principali, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, presenti in piazza, così come Paola De Micheli, in corsa ma data indietro nei sondaggiinterni. C'era pure il "forse quarto candidato", Gianni Cuperlo, che anche lui visse gli anni più belli di quella piazza.
E suona, appunto, come un languore crepuscolare, ammantato di una speranza d'ufficio, il discorso tenuto da Enrico Letta: «Abbiamo davanti un percorso, lungo, complicato, in cui dobbiamo rinnovarci attraverso il congresso». E ancora: «Tutti insieme saremo in grado di vincere le prossime elezioni», visto che «saremo in grado di svelare gli inganni di questa destra». Poi c'è la zavorra di queste ore, il Qatargate: il Pd e quel che gli gira intorno, dice Letta, sono «un partito e una coalizione fatta di gente per bene. Non accetteremo mai tutta la sporcizia che arriva da uno scandalo inaccettabile, per cui abbiamo chiesto la commissione di inchiesta a Bruxelles, per cui ci dichiareremo parte lese e per cui chiederemo che i responsabili di quelle porcherie paghino il conto».
Poi c'è la "mozione programmatica", che parte da questa giornata grigia non solo di cielo: «Stiamo lavorando perché questa manovra sia meno peggio. Faccio un appello al governo perché se non vuole accogliere tutte le nostre proposte, almeno accolga quelle essenziali, su Opzione donna e sul salario minimo». E di certo il quadro di una manifestazione malriuscita non è di grande auspicio per i due candidati alle prossime sfide regionali di Lombardia e Lazio, Pierfrancesco Majorino e Alessio D'Amato, anche loro all'evento. «Voglio presentarvi due figure straordinarie che faranno bene», dice Letta.
Stefano Bonaccini, umiliazione a teatro: cosa si trova davanti
LO STRAPPO DEL M5S
«Con la forza dei nostri due candidati in Lazio e in Lombardia rovesceremo quelli che dicono "il centrodestra è al governo, è in luna di miele". In Lombardia nel centrodestra si sono divisi e Pierfrancesco farà un lavoro straordinario di unione e allargamento. Alessio è entrato nella vita di ognuno di noi in questi due anni, facendo del Lazio un esempio virtuoso della lotta al Covid. È la persona giusta in questo momento. Vi chiedo di accoglierli con un grandissimo applauso». Che però sarà fiacco assai, per forza di cose. Quello che però Letta non dice è che su D'Amato si è consumato lo strappo con il M5S: Giuseppe Conte, infatti, proprio ieri ha annunciato che «il Movimento non appoggerà l'assessore e il campo largo non è mai esistito». Dunque i grillini qui nel Lazio andranno da soli. «La manovra è una legge ingiusta», attacca Majorino. Gli fa eco un accaloratissimo D'Amato: «Il 12 e il 13 febbraio dovremo andare a vincere. Io sono un combattente, sono uno che le suole delle scarpe le consuma» dice, chiamando un applauso che arriva fioco fioco. Finisce così, con i due candidati abbracciati sul palco, il sabato di sangue del Pd.