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Aboubakar Soumahoro e "il complotto"? Non sa come uscirne

Francesco Specchia
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Premesso che siamo garantisti (incipit, di solito, abusato a garanzia di chi garantista non lo è mai). E premesso che Liliane Murekatete, moglie di Aboubakar Soumahoro, è innocente sino al terzo, trentesimo, millesimo grado di giudizio. E premesso che un conto è il marito e un conto sono la moglie e la suocera; e che, dal punto di vista dello sputtanamento e del reato, facciamo due conti separati. Premesso tutto questo: be', adesso come la mettiamo?

Come la mettiamo con la signora Liliane che ora è indagata dalla procura di Latina nell'inchiesta sulle cooperative dei migranti con un ruolo «né marginale né relativo al passato» attraverso un utilizzo di fatture e operazioni false che servivano ad «evadere l'imposta sui redditi e sul valore aggiunto indicavano elementi passivi fittizio, comunque omettevano di vigilare affinché altri, li indicassero»? Come la mettiamo col il Gip (il Giudice per le indagini preliminari, mica il pm!) che parla di «collaudato sistema fraudolento e elevata spregiudicatezza criminale». Come la mettiamo con la «pulizia etica» di madre e figlia, che si trasforma all'improvviso in reiterata violazione del codice penale? E proprio mentre la scrittrice Chiara Valerio - "la Woody Allen degli algoritmi", secondo Dagospia - sacrifica la propria intelligenza per infiammare le coscienze a sinistra sul rispetto del corpo di Liliane troppo assimilato - dalla destra becera e illetterata - ai pendagli Gucci appesigli addosso a mo' d'addobbo di Natale?

 

 

 

 

UN'ALATA CULTURA

Tra l'altro, l'aulica Valerio, il suddetto sacrificio lo consuma sull'altare di un'alatissima cultura, talmente alata che qualche concetto vola via. Scrive, Valerio, che la Murekatete «ha dato di sé stessa il mondo al quale ha scelto di appartenere, e osserviamo che questo mondo rappresentato, pur antipodale al mondo nel quale lavora, è una aspirazione. Un passo indietro, alla prima premessa, al tempo e alla Storia e alla politica degli oggetti»; e cita, a sostegno, Paperon de Paperoni, il Grande Gatsby e Thorstein Veblen ne La teoria della classe agiata (1899, Einaudi, a cura di F. L. Viano, ci mette pure l'editore). Ora, a parte che bastava citare il codice Vassalli e i bagliori del Codice Rocco; be', sfido chiunque a divincolarsi nell'esegesi dell'avviluppante pensiero della scrittrice. Sfido Concita De Gregorio; la quale forse si è concentrata molto sulla libertà di abiti griffati di Liliana, e un po' meno sui seicentotrentanove mila euro sequestrati alla cooperativa, più tredici di argent de poche. Sfido anche l'ottimo Michele Serra a trovare il nesso tra il corpo di Lady Soumahoro e il corpo del reato.

Dato che il giorno prima, su Repubblica, lo stesso Michele arrampicandosi su uno scivolosissimo specchio morale, aveva stigmatizzato che, in fondo, Liliane dovesse rispondere di ciò che aveva fatto e non della sua borsetta. Giusto. E, infatti, quello che la lady aveva fatto era stato riempire la borsetta di derrate di denaro, e ora ne sta rispondendo. Tra l'altro, si tratterebbe di derrate di denaro provenienti da malversazioni, da negligenze fiscali e, soprattutto, da maltrattamenti nella gestione di cooperative che avrebbero dovuto fornire ai migrati lavoro e dignità; e invece hanno assegnato loro un posto in una Cayenna limacciosa. Ma sta bene anche questo. Il garantismo è garantismo: sei innocente fino a prova contraria. Questo sul piano giudiziario.

 

 

 

 

Poi, però, c'è il piano dell'etica, e dell'opportunità politica. Il deputato della Repubblica Aboubakar Soumahoro non è coinvolto nell'indagine. Però, solo fino a qualche settimana fa, affermava - incazzandosi pure - che tutta questa storiaccia fosse un accanimento della destra verso il migrante che ce l'ha fatta e la sua benedetta famiglia. Epperò, oggi si scopre, perfino, che il Comune di Roma ha versato in nove anni tre milioni di euro alla cooperativa Karibu senza controllarne il - diciamo - drastico stile di gestione e le irregolarità amministrative. E, sempre oggi, il buon Aboubakar, pur difendendo a nudo petto l'onorabilità e l'innocenza della moglie, si dice «profondamente amareggiato, dispiaciuto e preoccupato». Soprattutto preoccupato. E te credo.
 

 

NON POTEVA NON SAPERE

Qualcuno maliziosamente evoca il «non poteva non sapere» di sinistra memoria. Si spera per lui che non lo evochino i magistrati di Latina. L'etica non è razzista, non ha colore, e ci mette un niente a sbiadire. La chiosa di questa giornata convulsa è affidata al vicepresidente della Camera Fabio Rampelli: «Le prime vittime del malaffare sono proprio quelle organizzazioni che da anni svolgono questo ruolo e che rischiano di essere travolte dalla seconda puntata della "questione morale" a sinistra. L'unica cosa pulita in questa vicenda sono gli stivali di Soumahoro». Figurarsi il resto...

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