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Letizia Moratti, addio: chi la scarica prima del voto

Letizia Moratti

Claudia Osmetti
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Prime crepe sul manifesto elettorale di Letizia Moratti per le regionali del prossimo febbraio: Nando Dalla Chiesa si sfila. Il sociologo e scrittore fiorentino (di nascita), uno dei punti di riferimento dell'antimafia a Milano, si era lasciato andare neanche un mese fa: «Per il centrosinistra lombardo», aveva detto nel corso di un'intervista al Corriere della Sera, «è tempo di affrontare il mare aperto, altrimenti rischia di chiudersi in un monastero politico. Su Moratti andrei a vedere il programma». Parole che lei, Lady Letizia, aveva subito accolto con l'entusiasmo di un endorsement non sperato: «Ringrazio Nando Dalla Chiesa per l'approccio concreto: abbiamo bisogno di una politica che sappia guidare le trasformazioni»

 

 

. Epperò, una manciata di giorni dopo, cioè adesso, ecco la stoccata. Dalla Chiesa sceglie, di nuovo, le pagine del Corsera, ma questa volta per una retromarcia: «Non me ne pento. L'ho fatto pensando al bene della mia Regione e ho ricevuto molti consensi e molti dissensi. Poi ho ricevuto un paio di articoli che riferivano della composizione di quella che sarà la lista civica Moratti e devo dire, onestamente, che ho visto svanire d'incanto l'occasione per scuotere davvero la politica lombarda». Un affondo che più duro è difficile immaginarselo. Dalla Chiesa si riferisce, probabilmente, anche alle recenti aperture che Moratti, appoggiata dal Terzo Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, ha fatto guardando alla fronda di leghisti esclusi dal Carroccio dopo la fondazione del gruppo Comitato Nord al Pirellone.

 

 

«Della lista fanno parte anche persone che stimo con certezza, beninteso», continua Della Chiesa, «ma si tratta di una lista di centrodestra con molti ex. Diversa, questo va riconosciuto, dalla tipica lista di destra, ma non di certo il mare aperto in cui mi sarei avventurato per amore della mia terra, mettendo a rischio la mia identità politica e pubblica». Insomma, punto e a capo. Il figlio del generale Carlo Alberto lo dice senza mezzi termini: «Io mi fermo qui. Non è "il richiamo della foresta" ad attrarmi, è il richiamo di me stesso. Peccato».

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