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Piano Mattei, ancora guerriglia Meloni-Macron: cosa c'è sul piatto

Fausto Carioti
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Forse non è una nuova storia che somiglia a quella di allora, ma è proprio la stessa di sessant' anni fa - tanti ne sono passati dalla morte di Enrico Mattei - che non è mai finita. Perché a dettarne la trama sono la geografia e le ambizioni di due Paesi, uno dei quali abituato ad operare sulla scena internazionale con meno scrupoli dell'altro (la salma di Muammar Gheddafi è lì a ricordarcelo). Di certo molto altro, oltre alla querelle sulle navi delle ong, divide oggi Francia e Italia. Resta da capire quanto questo "altro" sia importante.

 

 

 

OSTILITÀ IMMEDIATA

Mettere in fila i fatti delle ultime settimane può aiutare. Primo: vince le elezioni italiane una leader che in campagna elettorale ha promesso una «formula Mattei per l'Africa», che consiste nel «promuovere un "modello Italia" di investimenti e cooperazione allo sviluppo, rispettoso dell'ambiente e dei popoli». Secondo: diventata premier, Giorgia Meloni mostra di voler rispettare l'impegno. Cita Mattei, «un grande italiano capace di stringere accordi di reciproca convenienza con nazioni di tutto il mondo», nel discorso con cui chiede la fiducia al parlamento. Aggiunge, per maggiore chiarezza, che al suo governo «piacerebbe recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il ruolo strategico che l'Italia ha nel Mediterraneo». Obiettivo ribadito ieri in Senato: «Immagino che l'Italia possa fare il capofila di un progetto europeo in cui l'Europa torna a essere presente nel Mediterraneo e in Africa».

Terzo fatto: Parigi percepisce subito il nuovo governo italiano come un nemico naturale. Pochi giorni dopo il voto del 25 settembre, e dunque prima che la Meloni entri a palazzo Chigi, Laurence Boone, ministro per gli Affari europei, compie il primo gesto di sfida, annunciando che la Francia avrebbe «vigilato sul rispetto dei diritti e delle libertà in Italia». È l'inizio di una crisi politica tra le due capitali, alimentata poi dallo scontro sullo sbarco della Ocean Viking. Resta contenuta solo perché Sergio Mattarella usa il rapporto diretto che ha con Emmanuel Macron per fermare subito l'escalation. Per ricucire, è la speranza del presidente della repubblica, c'è tempo. L'ottimismo di Mattarella è fondato se lo scontro è dovuto alla diffidenza reciproca tra i due governi, problema rimediabile. Non lo è, invece, se sotto c'è un'ostilità più profonda, che riguarda proprio quel «ruolo strategico» che la Meloni ambisce a recuperare in Africa e nel Mediterraneo. Se il «piano Mattei», insomma, è incompatibile con le aspirazioni di Parigi.

Per capire cosa il fondatore dell'Eni rappresenti per gli interessi storici francesi, occorre leggere la testimonianza di un potente uomo politico algerino, Sid Ahmed Ghozali. Ha 85 anni ed è stato presidente della Sonatrach, la compagnia nazionale di idrocarburi, e presidente del consiglio dei ministri del suo Paese. Nel 1962, quando Mattei morì sopra Bascapè, Ghozali era già uno degli uomini più importanti del ministero dell'Energia. Giuseppe Oddo e Riccardo Antoniani lo intervistano nel libro L'Italia nel petrolio, appena uscito per Feltrinelli.

 

 

 

PERICOLO NUMERO UNO

Parte del colloquio è dedicata proprio a Mattei e al suo disegno. «L'idea che mi sono fatto», dice Ghozali, «è che l'omicidio di Mattei sia maturato nell'ambito dei servizi francesi manipolati dall'impero coloniale, o meglio petrolifero, francese e nella fattispecie dall'Erap», la società petrolifera pubblica. La strategia di quest' ultima, prosegue, «era di mantenere il controllo petrolifero sull'Algeria anche dopo l'indipendenza. L'Eni e Mattei ne rappresentavano la vera minaccia». L'Erap, ossia lo Stato francese, secondo Ghozali «era la sola forza che aveva tutto da perdere dall'intrusione di Mattei» e l'unica che «avrebbe tratto profitto» dalla sua eliminazione. I francesi, non gli americani. Avverte di parlare «secondo logica», senza avere prove. Non è il primo a puntare l'indice sullo Sdece, il servizio segreto di Parigi. Anche perché l'apparecchio su cui Mattei era decollato da Catania era un Morane-Saulnier, di fabbricazione francese, sabotato da «mani esperte», come accertato dal magistrato Vincenzo Calia, che indagò sul caso.

Non che importi molto: il punto qui non riguarda chi ha ucciso Mattei, ma quanto fosse temuto dalla Francia. E le parole di Ghozali sono nette: Mattei, con le sue ambizioni, era il pericolo numero uno. Allora resta una sola domanda: all'Eliseo ritengono ancora cosa loro l'Africa settentrionale, e un nemico chiunque intenda avere lì un ruolo importante? Perché se la risposta è sì, la crisi della Ocean Viking ce n'est qu' un début, è solo l'inizio di uno scontro molto più duro. 

 

 

 

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