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Giorgia Meloni, quel "no" che ha stravolto la storia di FdI: il retroscena

Antonio Rapisarda
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Il 21 dicembre, solstizio d'inverno, Fratelli d'Italia festeggerà dieci anni. Un evento che sarà celebrato in Piazza del Popolo, luogo d'elezione per la storia della destra, in una tre giorni (da domani al 17) dove Giorgia Meloni e l'intero gruppo dirigente, oltre agli appuntamenti "clou", non mancheranno di ripercorrere la propria epopea. Una vicenda sorta con la missione di salvare la destra dall'implosione, dopo la diaspora degli ex An, e sviluppatasi con l'ambizione di riportare il centrodestra al governo. È andata oltre ogni aspettativa: non solo tutti gli obiettivi sono stati centrati ma proprio in questo anno "speciale" la destra è giunta a guidare, per la prima volta a capo di una coalizione e con la prima donna premier, la Nazione. E il vento soffia forte: il 26% delle Politiche (già più di dieci punti oltre il massimo di An) veleggia, secondo tutti i sondaggi, sul 30%.

 

 

 


COME È SUCCESSO?

Come si è arrivati a tutto questo? La risposta oggi mette d'accordo tutti: col talento e la tenacia del suo leader. L'elemento speciale è "Giorgia". Affiancata fin dal primo istante da un solido gruppo dirigente (Crosetto, La Russa, Lollobrigida, Fazzolari, Cirielli e Rampelli) e da una generazione Atreju che è maturata tanto da diventare l'infrastruttura del partito e dei gruppi parlamentari. Questo insieme, animato dall'imperativo di non cedere mai alle «scorciatoie» o alle "sirene" dei vari governi di unità, ha rappresentato la formula di un clamoroso successo. Guardando a ritroso questo decennale, però, ci si accorge di come il cammino di Giorgia e dei suoi "fratelli" non è stato di certo facile. I risultati, ad esempio, non sono arrivati immediatamente, la concorrenza sulla "questione nazionale" con la Lega di Salvini è stata serrata mentre alcuni «no» hanno rappresentato tornanti della storia sui quali in pochi avrebbero scommesso.

 

 

 

Fra i momenti chiave dell'avventura vi è di certo l'atto di nascita: la rottura con il Pdl di Silvio Berlusconi. La "scintilla" fu lo stop alle primarie per la leadership del partito unico, stabilito motu proprio dal Cavaliere. Troppo per Giorgia Meloni - già più che a disagio per la decisione dell'ex premier (da lei non condivisa) di appoggiare il governo Monti che aveva deciso di partecipare come sfida allo status quo. Per questo motivo il 16 dicembre 2012 all'Auditorium di Viale della Conciliazione lanciò le "Primarie delle idee". Fu un successo di partecipazione. «Quella meravigliosa giornata mi convinse definitivamente» si legge nella sua autobiografia Io sono Giorgia. «Esisteva un popolo di destra a cui era necessario dare voce senza compromessi». Qualche giorno dopo fu lei stessa a comunicare la decisione a Berlusconi. «Mi rispose con quel suo fare pragmatico da uomo d'affari che ha imparato come tutto, e quasi tutti, abbiano un prezzo. "Va bene, ho capito... Allora, dimmi: che cosa vuoi, che cosa vuoi fare?"». Secca la risposta: «Voglio essere fiera di quello che faccio. Lo dico con rispetto, ma davvero non mi sento più a casa».


Se da quel momento il cammino è avviato - con l'1,96% alle Politiche 2013 che permise l'ingresso dei primi nove deputati meloniani in Parlamento a cui seguì il mancato ingresso a Bruxelles nel 2014 per arrivare alle elezioni del 2018, dove con il 4,4% FdI costruì il suo primo consistente gruppo fra Camera e Senato - il salto "di percezione" nell'opinione pubblica si è avuto a distanza di sette anni: alle Europe del 2019. «Contro ogni pronostico ottenemmo un inatteso 6,44%», ricorda Meloni. Da lì cambiò tutto. «Iniziò una storia completamente nuova. Non più a combattere nelle retrovie preoccupati dalle soglie di sbarramento, ma finalmente lanciati a contendere la supremazia ai "grandi"». Del resto, dopo tanta fatica, lo ricordava spesso lei stessa: «Ho sempre saputo che per noi sarebbe stato più difficile arrivare al 5% che passare dal 5 al 15%».

 

 

 


LE "CASSANDRE"

Ultimo momento topico è datato inizi 2021: il «no» al governo Draghi. Per lei, al netto del valore dell'ex mr. Bce, nulla di diverso di una riedizione delle larghe intese con Pd e 5 Stelle. A fronte dell'unanimità ottenuta nel partito, non mancarono le critiche per questa scelta da parte di alcuni spezzoni di elettorato d'area mentre le "Cassandre" della stampa mainstream profetizzavano il crollo elettorale per FdI, con il centrodestra poi che tornò a dividersi come con il Conte I. «Non metto in discussione la serietà di Draghi, ma la serietà di chi sta andando al governo con lui», spiegherà la leader poco prima del "no" alla fiducia. Scelta ad hoc per monetizzare il fronte della protesta? Esattamente il contrario: Meloni e FdI svilupperanno un'opposizione "patriottica" che diventerà la prova generale, in Italia e all'estero, perla sua premiership. Un approccio premiato tanto dall'elettorato in maniera interclassista quanto dai ceti produttivi e - nonostante le tante iatture - persino dai mercati. Dopo aver messo in sicurezza la destra politica, portandola dove mai prima nessun "uomo" era riuscito, Giorgia non intende certo fermarsi. FdI ha già fissato il prossimo traguardo per le Europee del 2024: la riformulazione sul modello del destra-centro italiano della prossima Commissione Ue. Cambiare volto all'Europa come comunità di Nazioni sorelle: da via della Scrofa si sentono «pronti» pure per questo.

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