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Panzeri, grosso guaio con l'Ong: perché ora la sinistra trema davvero

 Antonio Panzeri

Carlo Nicolato
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È un caso esplosivo per le istituzioni europee quello deflagrato ieri a Bruxelles con l'arresto dell'ex euro deputato del Pd ) Antonio Panzeri (oltre alla moglie e alla figlia portate in carcere a Bergamo, Maria Colleoni, 67 anni, e Silvia, 38) e del segretario generale dell'European Trade Union Confederation (la più grande associazione sindacale del mondo) Luca Visentini, ai quali vanno aggiunti il fermo dell'assistente parlamentare dei Socialisti e Democratici, Francesco Giorgi (ex assistente di Panzeri), del direttore della Ong No Peace Without Justice, Niccolò-Figà-Talamanca, e la perquisizione della casa della socialista greca Eva Kaili, una dei vicepresidenti del parlamento stesso: quest' ultima, compagna di Giorgi, in serata è stata posta in stato di fermo e interrogata. Su di lei piovono richieste di dimissioni e in Grecia è stata espulsa dal partito. Sarebbero tutti coinvolti a vario titolo in un sistema messo in atto da un «Paese del Golfo», il Qatar, per influenzare l'attività legislativa dei deputati Ue. In cambio sarebbero state elargite «ingenti somme di denaro» e offerti «doni significativi». Insomma: mazzette. La Kaili si era spesa a più riprese per difendere i progressi compiuti dal Qatar.

 


 

LOBBISTI E INCONTRI - Nell'intervento alla plenaria del 21 novembre lo aveva definito «all'avanguardia nei diritti dei lavoratori, che ha abolito la kafala» (il sistema che richiede che i lavoratori stranieri abbiano uno sponsor nel Paese che ne diviene il tutore legale) e che «si è aperto al mondo», «buoni vicini e negoziatori di pace». Il primo novembre Kaili aveva incontrato il ministro del Lavoro qatariota Ali bin Samikh Al Marri, «accogliendo con favore l'impegno» di Doha «per i diritti dei lavoratori».

Bruxelles, che oltre a essere sede delle istituzioni europee lo è anche della Nato, pullula di lobbisti che spesso operano al limite del lecito (nonché di spie, si ricordi il caso di quelle cinesi scoppiato prima del Covid), ma in questo caso i protagonisti della vicenda sarebbero andati ben oltre quel labile confine. E ancora più grave è il fatto che di mezzo ci sia un Paese straniero, accusato peraltro di non rispettare quei diritti umani che sono in teoria le fondamenta dell'Ue e per i quali lo stesso europarlamento si batte costantemente. Ma che è anche recentemente assurto a vitale importanza per l'Europa per via dei ricchi giacimenti di gas. Il nome del Paese in questione non viene esplicitamente specificato dall'indagine della procura belga, ma secondo il quotidiano Le Soir si tratterebbe proprio di quello che in questi giorni sta ospitando i Mondiali.

 

 

A Bruxelles Panzeri è molto conosciuto: è stato deputato per tre mandati consecutivi e ha ricoperto diversi incarichi, tra i quali quello di presidente della sottocommissione dei Diritti umani. Un'attività continuata anche da presidente della "Fight impunity", un'associazione belga senza fini di lucro che per statuto "si batte contro l'impunità sulle gravi violazioni dei diritti umani" e perla giustizia internazionale. Impossibile non associare tale posizione alle eventuali richieste di un Paese come il Qatar. La Ong è stata perquisita. Le indagini sono iniziate in estate. Potrebbero seguire altri fermi.

LE BANCONOTE - A casa dell'ex eurodeputato Pd sono stati trovati più di 500mila euro in contanti, che secondo gli inquirenti potrebbero essere una parte delle tangenti versate dal Qatar. La procura sostiene di essersi concentrata in questa fase nell'indagine sull'attività sospetta degli assistenti, meno esposti a pressioni e controlli politici e quindi più facilmente corruttibili e liberi di muoversi. Nelle prossime ore Panzeri e Visentini saranno ascoltati dai giudici che decideranno se confermare il fermo. Durissimo il commento del vicepremier Matteo Salvini: «Sul Pd accuse sconvolgenti. Si convochi subito il Copasir». L'ufficio dell'eurodeputato socialista belga Marc Tarabella è stato sigillato: nel 2014 aveva dato a Salvini del «fannullone».

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