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Giorgia Meloni, vertice d'emergenza: il timore di trappole sulla manovra

Giorgia Meloni

Fabio Rubini
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Sulla manovra di bilancio Giorgia Meloni riunisce la sua maggioranza e tira dritto. Il premier è disposto ad aprire ad alcune modifiche, ma non intende prestare il fianco a chi quella manovra vorrebbe snaturarla. Il messaggio è chiaro, ed è quello di un governo fortemente identitario, che fin dal primo giorno ha deciso di porsi al Paese portando avanti temi e battaglie avanzati in campagna elettorale. E che certo non cambierà rotta per questioni di strategia politica legata agli equilibri interni dei partiti di maggioranza. Tutti, nessuno escluso. Alla riunione lampo oltre al premier Meloni c'erano il vice Matteo Salvini, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, Elisabetta Casellati in sostituzione dell'altro vice premier Antonio Tajani e i capigruppo di Camera e Senato di tutti i partiti che compongono la maggioranza. Partiamo dagli emendamenti presentati, che sono tanti, oltre 3mila. Di questi circa 600 sono stati presentati dalla maggioranza.

La riunione di ieri, però, è servita a limitare questi ultimi a circa 180, definiti come prioritari in fase di discussione. L'analisi di queste possibili modifiche sarà in capo a una cabina di regia composta dagli esponenti dei vari partiti. Nel dare il via a questa ulteriore mediazioni, Meloni è stata chiara: «Bisogna fare velocemente e senza perdere tempo».

 

 

LE RIVENDICAZIONI DI FI - Nella maggioranza i più critici verso alcuni aspetti della manovra erano gli esponenti di Forza Italia. Dopo la riunione, però, sia Licia Ronzulli sia Alessandro Cattaneo si sono detti soddisfatti del risultato ottenuto. «Sulle pensioni minime abbiamo bosogno ancora di qualche giorno per trovare delle migliorie - ha spiegato Ronzulli -, ma soprattutto anche per la decontribuzione delle nuove assunzioni dei giovani under 35 che probabilmente sarà spostata da 6mila a 8mila euro. Quindi siamo assolutamente soddisfatti». Idem sulle modifiche al Superbonus 110%: «Anche qui ci sono buone notizie hanno detto Ronzulli e Cattaneo -. Ci sarà un emendamento che andrà nella direzione richiesta da Forza Italia», cioè sulla proroga al 31 dicembre perla consegna dei documenti di inizio lavori e «anche una soluzione per la cessione dei crediti incagliati».

L'altro tema forte nel dibattito politico è il limite a 60 euro per i pagamenti elettronici. Anche in questo caso Meloni è stata irremovibile: «Niente passi indietro, al massimo piccole modifiche che non snaturino il provvedimento». E tra queste ci sarebbe la volontà di eliminare le commissioni per i pagamenti sotto i 15 euro, come da richiesta di Maurizio Lupi. Identica posizione è stata tenuta sul tetto a 5mila euro per i pagamenti in contanti, il premier ha ricordato che «quando era a 5mila euro, nel 2010, è stato l'anno con l'evasione più bassa».

 

Giorgetti ha poi chiarito che in manovra «non ci saranno norma ad hoc a favore delle società sportive perla rateizzazione dei versamenti sospesi. In manovra - ha ricordato il ministro all'Economia - ci sono già strumenti per la rateizzazione che valgono per tutti».

CUNEO E POVERTÀ - Giorgia Meloni, anche parlando coi sindacati, ha ricordato come sul taglio del cuneo «abbiamo voluto dare un segnale, ma vogliamo fare di più, queste sono state scelte di emergenza, ma siamo d'accordo che il tema del taglio del costo del lavoro sia una priorità». Così come l'aiuto per il caro bollette, rivolto soprattutto alle classi più deboli. Tema sul quale ha puntato forte la Lega. Per Romeo e Molinari, infatti, «mai come in questa manovra sono state stanziate risorse per i ceti deboli. Potremmo definirla un "bilancio sociale". Le critiche di sinistra e Cinquestelle? Sono arrabbiati perché avrebbero voluta farla loro». Anche Matteo Salvini spiega che «se arrivano critiche sia dai sindacati sia da Bankitalia, vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro». Notizie positive per la Sanità. Il ministro Orazio Schillaci ha confermato che la manovra «destina 2,3 miliardi in più per la Sanità nel 2023; 2,3 nel 2024 e 2,6 nel 2025. Con un cambio di rotta rispetto ai tagli degli anni passati», durante i governi del Pd. 

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