Ong, Piantedosi asfalta la sinistra: "Cosa è successo davvero"
"In Italia non si entra illegalmente". Parola di Matteo Piantedosi che con il governo conferma la linea dura sull'immigrazione. "Sempre in coerenza con gli impegni programmatici dell'esecutivo - mette le mani avanti il ministro dell'Interno - stiamo affrontando il tema della migrazione legale, sia per proseguire e incrementare le diverse iniziative di corridoi d’ingresso umanitario in Italia di persone vulnerabili, sia per verificare possibili strategie per utilizzare percorsi di migrazione legale come leva nei confronti dei Paesi terzi di origine e transito dei flussi". Le parole, che arrivano durante l'informativa nell’aula del Senato, fanno leva sui cosiddetti "corridoi umanitari". Questi ultimi "assicurano un percorso di accoglienza capace di coniugare sicurezza, tutela dell’incolumità delle persone e legalità, essendo imperniato su una logica diametralmente antitetica a quella del traffico dei migranti".
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Ad avvalorare la sua opinione, i numeri. Solo nel "periodo che va dall'1 gennaio 2021 al 9 novembre 2022 le Ong, nell'ambito di 91 eventi di sbarco, hanno portato sulle coste italiane 21.046 migranti, di cui 9.956 nel 2021 e 11.090 nel 2022". Da qui la stoccata alla Francia, che nei giorni scorsi è passata addirittura alle minacce: "È un dato certo che le convenzioni internazionali vigenti non stabiliscono a priori quale debba essere il 'place of safety', né che esso debba coincidere, come talvolta si dice frettolosamente, con il porto più vicino e, conseguentemente, che l'Italia debba farsi carico di tutti i migranti che vengono portati nelle nostre acque territoriali da assetti navali privati perfettamente funzionanti e ben attrezzati e, quindi, senza problemi sotto il profilo della sicurezza della navigazione".
Più in particolare, "nelle circostanze che hanno visto protagoniste le navi Ong in questione, l'individuazione del 'pos' avrebbe dovuto essere effettuato dallo Stato competente per l'area Sar in cui sono avvenuti gli eventi, quindi Malta e Libia, in cooperazione con lo Stato di bandiere delle navi, ovvero, in assenza di coordinamento quantomeno da parte di Malta, dallo Stato di bandiera in cooperazione con gli Stati costieri limitrofi". E ancora, "la richiesta di un 'pos' in territorio italiano avrebbe dovuto essere inviata alle autorità italiane dallo Stato di bandiera delle navi Ong, non da queste ultime".
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Il messaggio è chiarissimo: "Le navi delle Ong, proprio perché intervengono in contesti difficili, devono e dovrebbero coordinarsi con le autorità competenti scambiando flussi informativi tempestivi e completi. È evidente che se invece agiscono sistematicamente in modo autonomo, diminuisce la capacità dello Stato di area Sar di dirigere e condurre a buon fine l'operazione di salvataggio. Se poi, come avvenuto nei casi di specie, le navi Ong si dirigono verso i porti di uno Stato diverso da quello responsabile del coordinamento nell'area Sar senza osservare le procedure previste e in violazione delle leggi nazionali dello Stato costiero in materia di immigrazione, è legittimo considerare il transito di tali navi quale passaggio non inoffensivo, proprio ai sensi di quell'articolo 19 della Convenzione Unclos molto spesso invocata".