Meloni signor presidente? Così Giorgia fa impazzire la sinistra
«Chiamatemi signor presidente del Consiglio»: con questa comunicazione inoltrata da Palazzo Chigi ai ministeri, Giorgia Meloni ha annunciato la sua fase trans -istituzionale. Sarà signora sempre, ma signore quando comanda il gabinetto di governo, non perché il potere le ha fatto esplodere il testosterone, ma per rispetto delle forme e delle tradizioni, che è un valore storico della destra. E infatti in serata arriva un'ulteriore comunicazione, a precisare che la scelta è stata non per vezzo personale bensì in quanto il Cerimoniale di Stato ha indicato «il presidente» come la formula più corretta. La Boldrini, che istituzioni e forme doveva tutelare e invece ha cercato di stravolgere per inseguire le proprie manie, darà di matto, ma la leader di Fdi ha preso la decisione non per esasperare i nervi della ex presidente della Camera o delle femministe, quanto piuttosto per ricordare anche a loro che lei non è arrivata sul tetto d'Italia grazie a una quota rosa. I sacerdoti del politicamente corretto si infurieranno, ma se fossero coerenti dovrebbero invece acconsentire, in rispetto dello stesso libero arbitrio di cui si fanno difensori strenui, in base al quale la sensazione e il desiderio devono avere ragione sulla realtà. Giorgia è una donna, ma quando guida l'Italia si sente il presidente, e così ha diritto ha farsi chiamare; fatti suoi, indagarne le ragioni è una perdita di tempo.
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DOPPIO SCHIAFFO
Certo che, a metterle in fila, le prime mosse dell'esecutivo sembrano fatte apposta per far impazzire la sinistra. Allo sberleffo della signor presidente si aggiunge infatti l'annunciato rialzo del tetto ai contanti, quasi una provocazione visto che l'ultimo ad aumentarlo era stato Renzi, allora segretario del Pd e oggi nemico numero uno dei dem. E infatti Letta e compagni sono caduti nella rete come tanti tonni, facendo questione di Stato di poca cosa, visto che la storia dice che quando abbiamo avuto la maggiore disponibilità di accesso alle banconote si è registrato il picco minimo d'evasione fiscale. Poi altri due chiodi piantati nella carne viva dei compagni, e proprio da due ministri tecnici, che per la sinistra è la sola figura idonea a governare, a eccezion fatta di chi ha la tessera Pd in tasca. Il primo è l'archiviazione del bollettino quotidiano dei morti di Covid e la riammissione in ospedale dei medici no vax, non per smentire la narrazione dei precedenti governi ma per sottolineare che l'emergenza è finita e possiamo tornare a vivere in pace. Apriti cielo, da Speranza in su tutti invitano ad andarci piano, arrivando a strumentalizzare la cautela di Mattarella. Puntano sul terrore che suscita un'epidemia devastante ma ormai al termine per screditare il governo così come un tempo facevano leva sulla paura del contagio per mantenerlo.
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Il secondo è il piglio pragmatico e deciso del nuovo ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto di Salvini al Viminale, che sequestra i barconi delle ong e allunga la sua mano sulle forze dell'ordine che si difendono con decisione dagli assalti degli studenti. Dall'appellativo ai soldi, dal virus agli immigrati, la matrice delle decisioni che non vengono digerite dalla sinistra neppure con il Buscopan è sempre la stessa: meno menate, un Paese si canzona con le parole, litanie idealistiche e ingannevoli, e si governa con i fatti, gesti spicci e concreti. E se proprio c'è da dire qualcosa, meglio i modi diretti utilizzati dal presidente del Consiglio nelle sue repliche in Parlamento. Quelli che fanno impazzire la sinistra. Ne sa qualcosa la signora capagruppo Serracchiani, alla quale sembra indirizzato il messaggio che il premier ha scritto ieri sera per chiudere la vicenda: «Chiamatemi come credete, io mi sto occupando di bollette».
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