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Meloni, dal "merito" al "made in Italy": perché questo governo piace agli italiani

Corrado Ocone
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Non ci sono supereroi nella nuova compagine governativa, ma politici di più o meno lungo corso. Non ci sono idee rivoluzionarie nel programma di governo, ma tali esse appaiono agli occhi di chi per tanti, troppi anni, si era abituato a pensare la politica come il luogo della realizzazione graduale di utopie palingenetiche odi premesse facili di felicità terrena. Velleitrismo, demagogia, ideologia, sono stati messi alla porta. Ed è forse proprio perciò che questo governo piace e continuerà a piacere agli italiani se non devierà dalla rotta che sta mostrando di seguire nei suoi primi passi. Sembra poco, ma il ripristino del buon senso in politica è un avvenimento. E solo la destra poteva realizzarlo in Italia, dopo anni di sbornie ideologiche e di falsi miti trionfanti.

 

 

 

Quando Meloni dice che la transizione energetica e l'ambientalismo devono mettere al centro l'uomo, che la sostenibilità deve essere prima di tutto sostenibile per le nostre vite e i nostri portafogli, non sta semplicemente proponendo di agire con buon senso? E non è forse buon senso quello di Salvini quando non da oggi insiste sulla necessità di una "pace fiscale" o di intervenire subito in soccorso di imprese e famiglie alle prese con bollette impazzite? E non è puro buon senso dire che il lavoro ha una sua dignità e che il reddito di cittadinanza glielo sottrae? Che la scuola deve premiare il merito e non l'ignoranza, a cui poi i soli ricchi potranno ovviare con altri e privati mezzi? Che i nostri prodotti e il "made in Italy" vanno tutelati e non svenduti? Non è buon senso dire l'immigrazione va regolata e che quella illegale non può essere tollerata? O dire che lo Stato non deve farsi controllore, impiccione, tassatore, ma lasciar fare chi vuole fare e creare ricchezza? Avere buon senso, in politica comporta due movimenti, che esigono entrambi un senso di umiltà da parte del politico che li mette in opera. Da una parte, infatti, egli deve mettersi al livello della gente comune, fare i conti con i problemi della sua quotidianità (la casa, il lavoro, la scuola, le tasse) e non quei falsi e minoritari problemi che crea l'ideologia e che, come ad esempio quelli sui diritti LBGT, possono essere risolti con l'agire morali e con le leggi esistenti: Problemi concreti, reali, che hanno assunto nel tempo o recentemente un livello di gravità inimmaginabile Dall'altra, il politico deve rispondere ad essi in modo pragmatico, con la saggezza del buon padre (o madre, è lo stesso) di famiglia che tiene i conti a posto e la casa in ordine, che ha cioè sempre presenti le effettive risorse comuni che ha a disposizione prima di agire.

 

 

 

Giolitti ebbe a dire di Benedetto Croce quasi stupito: «Quel filosofo ha molto buon senso!». In effetti, da ministro della Pubblica istruzione del suo governo, egli non aveva immaginato chi sa quali rivoluzioni filosofiche per la scuola, ma aveva provata a dotarla di edifici e strutture pubbliche adeguate, di un corpo docente all'altezza. L'idea che la politica sia "rivoluzione" ha funestato il Novecento ideologico italiano. Che la prima, vera, rivoluzione sia nella manutenzione e nella cura di ciò che si ha e su cui solo si può costruire il nuovo, forse solo un governo conservatore poteva ricordarcelo. È questo il buon senso, il senso comune perduto e forse ora ritrovato. Il principio di realtà sarà pure più prosaico del Principio Speranza di cui parlava un filosofo marxista, ma è esso la migliore bussola per provare a salvarci dal mare in tempesta. 

 

 

 

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