Feltri distrugge Boldrini: "Vittima dei suoi deliri, di cosa è campionessa"
Urge una precisazione, in quanto Laura Boldrini, cinguettando che «La Treccani dice che i ruoli vanno declinati», ha creato non poca confusione, diffondendo un pregiudizio che ci preme sradicare subito, dato che non è ancora germogliato. Sia chiaro: l'enciclopedia Treccani non ha mai stabilito prescrizioni linguistiche, non essendo questa la sua funzione. E, per di più, proprio stando alla Treccani, presidente è sostantivo maschile singolare, il quale può restare invariato anche nel caso in cui la persona che riveste il ruolo di presidente sia di sesso femminile.
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Sintetizziamo: non esiste alcun obbligo semantico a causa del quale Giorgia Meloni debba farsi chiamare "la presidente" anziché "il presidente". E non sussiste neppure un obbligo etico, o formale. La sinistra rivendica la libertà del singolo di definirsi, ma nega a Meloni la facoltà di farsi chiamare "il presidente", ovvero di adoperare l'articolo al maschile. E questo la dice lunga sulle contraddizioni e i cortocircuiti che caratterizzano il pensiero progressista. Boldrini rimprovera altresì a Giorgia di avere chiamato il suo partito "Fratelli d'Italia" e non "Sorelle d'Italia", dimenticandosi delle donne, ma si studia già in prima elementare che i gruppi all'interno dei quali vi sia anche soltanto un soggetto di genere maschile, con prevalenza quindi di soggetti di genere femminile, vanno indicati al maschile. Ecco che in questi casi si dice correttamente "i figli", "gli amici", "i nonni", "i fratelli", "i bambini", e nessuno si è mai sentito escluso o ghettizzato per questo. Insomma, Laura tiene lezioni di italiano, oltre che di morale, su Twitter, eppure avrebbe bisogno di rispolverare le basi linguistiche.
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Anche la scrittrice Michela Murgia dimostra di ignorare che non è obbligatoria la vocale "a" né l'articolo con l'astina per certi termini che possono restare invariati al femminile senza che ciò comporti una incriminazione per misoginia a carico di colui o colei che compia una scelta in tal senso. Ma ciò che più ho trovato ridicolo e bizzarro delle affermazioni di Murgia risiede in queste precise parole: «Meloni che pretende l'articolo al maschile sta dicendo che governerà come un maschio». Io non conosco che due modi di governare: o bene o male. Non ho mai creduto che ci sia una maniera di governare come un maschio e una maniera di governare come una femmina. E quale sarebbe la differenza? Il maschio governa con la testa e la donna con il cuore? O forse il maschio governa con il pisello e la donna con il cervello? Non comprendiamo queste farneticazioni.
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E ci dispiace constatare che a sinistra, intellettuali e politici, siano ormai campioni conclamati di superficialità. E pure i giornalisti, diventati cani da guardia del politicamente corretto, ci mettono lo zampino, o la zampa. Quelli della Rai hanno protestato contro un "pericoloso arretramento", sempre a proposito della scelta di Meloni di essere chiamata "il presidente", preferenza legittima che non comporta una obbligazione per il cronista. Tuttavia, essi non ci stanno, in quanto vogliono chiamare Meloni come gli pare e piace e l'espressione "il presidente" non è progressista, anzi risulterebbe gravemente offensiva per le donne e misogina.
Ma pure Monica Maggioni, alla direzione del Tg1 dal novembre del 2021, sul sito della Rai è indicata quale "direttore del Tg1" e viene chiamata "direttore" dalla sua squadra e questo particolare non ha indotto le femministe ad insorgere né i giornalisti Rai a stracciarsi le vesti contro il pericolo che Maggioni conduca il Tg1 magari "come un maschio" e non come, secondo Murgia, dovrebbe, ovvero "come una femmina".