Letta, "ore 18.50. Qualcuno più su di lui...": chi ha suggerito lo sfregio alla Meloni
Il simbolo delle Brigate rosse dedicato a La Russa, palese minaccia di morte verniciata proprio dove c'è la storica sezione della Garbatella nella quale è fiorita politicamente Giorgia Meloni. (Proprio perché lì, e che bersaglio indichi non dovrebbe essere difficile arrivarci, per chi dirigeva la prestigiosa Sciences Po di Parigi). E uno. Lo striscione al Colosseo con il nome del presidente del Senato scritto a testa in giù. E due. Lo stesso messaggio da forca ripetuto a Napoli. E tre. La loro concatenazione temporale e monotematica dice: arriva la lotta armata. Ma questi fatti, e il loro significato sono niente, sono mille volte meno pericolosi rispetto all'indecente giustificazione data a questi gesti dal capo dell'opposizione di sinistra. Enrico Letta se li è (anzi se li era) politicamente intestati, scrivendo su Twitter: «L'inizio di questa legislatura è il peggiore che potesse esserci. La legislatura comincia con una logica incendiaria da parte di chi ha vinto le elezioni. Chi ha vinto, invece di riappacificare il Paese, lo sta dividendo. Ma chi semina vento non può che raccogliere tempesta».
Cari La Russa, cara Meloni, ve la siete cercata. In che senso? Che cos' hanno detto e fatto questi signori che sono stati scelti dal popolo italiano? Essere di destra, avere la storia che hanno, proponendo il rispetto reciproco tra chi ha memorie diverse del passato, nella condivisione dei valori basilari della Repubblica, che vengono prima delle opinioni politiche differenti e persino contrapposte? Il fatto è che la colpa è di esistere e di aver vinto.
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MALEDIZIONE BIBLICA - Insomma: eleggere alla presidenza del Senato un anziano parlamentare che ha svolto con equità il suo ruolo di vicepresidente, tra l'altro anche con voti decisivi da sinistra; quindi la libera determinazione dei deputati che hanno scelto per presidente della Camera un onesto cattolico leghista che ha indicato Papa Francesco come primo riferimento, nemico dell'aborto, ma non proprio catto-comunista, incendia il Paese? Il giorno precedente Letta lo aveva definito uno «sfregio». Ieri peggio. Ma si accorge Letta di che cosa ha scritto e poi detto? Quelli oliano i fucili a pompa, issano i capestri e tu, capo dell'opposizione strizzi l'occhio a questi preparativi da anni di piombo con il motto «Chi semina vento raccoglie tempesta»?
Siccome riteniamo che Enrico sia stato un bravo chierichetto sa bene che questo detto ha origini bibliche, deriva dal libro di Osea, allorché il profeta avverte che morte e distruzione colpiranno gli israeliti idolatri e perversi. L'ignaro Osea viene cosi arruolato dal Partito democratico nella volante rossa della nuova resistenza . Altro che gli ingenui rosari di Matteo Salvini.
Giorgia Meloni prima ha opposto una ferma pazienza. Ha commentato così l'atto minaccioso e le parole indecenti di Letta, spiegando, tendendo la mano: «Le prime parole di Ignazio La Russa come presidente del Senato sono state quelle di un uomo che conosce bene il peso delle Istituzioni e che farà di tutto per rappresentare con imparzialità e autorevolezza la seconda carica dello Stato. Eppure diversi esponenti politici hanno deciso di renderlo un bersaglio, come persona e per le sue idee, rinfocolando un clima d'odio, già ben alimentato durante una campagna elettorale costruita sulla demonizza z i o n e dell'avversario politico. E così, accade che in una sede di Fratelli d'Italia compaia una scritta contro di lui, firmata con la stella a 5 punte, chiaro riferimento ad anni drammatici che non vogliamo rivivere. Il nostro impegno sarà per unire la Nazione, non per dividerla come sta tentando di fare qualcuno. Spero che il senso di responsabilità della politica prevalga sull'odio ideologico, perché l'Italia e gli italiani devono tornare a correre, insieme». Dice proprio «insieme». Scrive: «Unire la Nazione». Inghiotte e finge di non aver letto la sacra maledizione. E che fa quello? Se ne sta a Berlino, alla riunione del Partito socialista europeo. E il tono con cui risponde è di chi ha raccolto una scheggia del muro di Berlino per portarselo a casa come reliquia di tempi beati. Unire la Nazione, insieme? Dillo a tua sorella. La traduzione sarà volgare, ma somiglia troppo a una dichiarazione di guerra, per risolverla in politichese. «(Con l'elezione di La Russa e Fontana, ndr) si rompe ogni possibilità anche di un rapporto fra maggioranza e opposizione, che è un rapporto nell'interesse del Paese.
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Sono scelte che fanno slittare ancora più a destra la maggioranza». Cioè: lotta continua sarà, parapapunzipunzipà, anche se non fa rima con Sciences Po, però quasi.
A questo punto Giorgia si arrabbia.
Gliene dice quattro: «Sono gravissime le parole pronunciate dal segretario del Pd Letta a margine del congresso dei Socialisti europei a Berlino.
Affermare all'estero che l'elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento italiano sia motivata da una sedicente "logica perversa" e "incendiaria" e che la scelta dei parlamentari italiani confermi "le peggiori preoccupazioni in giro per l'Europa" è scandaloso e rappresenta un danno per l'Italia, le sue più alte istituzioni e la sua credibilità internazionale».
Ma alla fine offre una decorosa via d'uscita: «Letta si scusi immediatamente».
Non gli chiede di dimettersi, non gli augura fulmini e saette, citando la Bibbia, ma si scusi, e avanti, perdono tutto, qualche volta si sparano sciocchezze.
Miracolo. Subito Letta capisce il contesto brigatista in cui si è infilato salendo sulle spalle di Osea e alle 18 e 06 cinguetta: «Solidarietà mia e di tutto il Pd al presidente del Senato La Russa. Quelle scritte sono inaccettabili».
È il metodo che qualche vecchio libretto della DDR suggeriva per cavarsela, ma forse erano consigli andreottiani di gioventù: slalom, pararsi il didietro.
INSISTENZA DIABOLICA - Insomma, uno pensa: per fortuna. Il minimo sindacale della decenza e stato ritrovato. Niente guerra civile verbale. La Meloni ha spento la miccia. Il diavolo, probabilmente, aveva preso possesso di Enrico Letta. La citazione della Bibbia è infatti l'impronta che Beelzebul e i suoi colleghi lasciano sempre quando invasano qualcuno. In fondo se fosse davvero andata in questa maniera, sarebbe stata la diagnosi meno infausta non solo per lui ma per l'Italia. Qualcuno del vecchio giro dc deve aver chiamato un esorcista, il demonio ha scalciato un po', ma poi abbiamo riavuto l'uomo della sinistra democristiana gentile e colto che avevamo conosciuto prima della campagna e soprattutto della legnata elettorale. Invece no. Alle 18 e 50 replica alla Meloni. Qualcuno più su di lui nella gerarchia dell'Internazionale socialista deve avergli ricordato i patti. E replica costringendo l'agenzia a infilare nel suo messaggio tutti i caratteri maiuscoli sia pure non a testa in giu: «LETTA A MELONI, MAGGIORANZA NON PUÒ DIRCI COSA DIRE (AGI)». Invece lui può imporre alla maggioranza di rinunciare alla propria identità, se no guerra? Peccato. Non era il diavolo, probabilmente. Ma purtroppo la scelta strategica maturata insieme ai capatàz del socialismo europeo riuniti a Berlino. Devono avergli fatto un doppio shampoo, per cancellare ogni traccia di bianca forfora democristiana dalla sua chioma e dalla sua testa. Che tristezza però. Bisognerà fare i conti con questa realtà: la sinistra ha un bisogno vitale di avere un nemico.