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Rachele Scarpa guida la rivolta in Aula contro Fontana: chi è

Antonio Rapisarda
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A Montecitorio non era nemmeno iniziata la quarta votazione, che da lì a poco lo eleggerà come terza carica dello Stato, che Lorenzo Fontana ha subito trovato il messaggio di "accoglienza" da parte del lato sinistro dell'emiciclo: «No a un presidente omofobo. Pro Putin». Ecco il primo atto di "distensione" del Pd e di "applicazione" tutta personale dell'appello che solo 24 ore prima la senatrice a vita Liliana Segre aveva lanciato come monito inaugurale perla diciannovesima legislatura: invocando «una politica alta e nobile», capace di dare «prova di rispetto per gli avversari», di aprirsi «all'ascolto, di esprimersi con gentilezza, perfino con mitezza». Di dire basta, insomma, al linguaggio d'odio. Ecco: dai banchi del Pd hanno fatto l'esatto opposto, con uno striscione che riporta le lancette proprio a quella campagna elettorale urlata e apocalittica che ha portato alla sostanziale débâcle elettorale dell'ex campo progressista.

BAGARRE - A qualificare la prima protesta di una lunga sfilza di attacchi promossi ieri nei confronti del neopresidente della Camera accanto all'ormai celebre deputato Alessandro Zan (alfiere dell'omonima legge che idem- maggioranza negli ultimi due governi - non hanno saputo approvare) la new entry Rachele Scarpa. Vi dice qualcosa? Esatto. Proprio l'ex sardina, fra i capilista "lettiani" protagonisti delle campagne anti-sioniste con uscite sullo Stato di Israele di questo spessore: «Regime di apartheid». Proprio costei ha inaugurato la giornata di "intolleranza" nei confronti del vicesegretario della Lega - "reo" di essere un esponente cattolico ed identitario - eletto come successore di Roberto Fico. A Zan e Scarpa hanno fatto subito compagnia il resto dei rappresentanti di Pd e M5S: dopo che i gruppi parlamentari dell'opposizione hanno accolto con assoluta freddezza il discorso introduttivo (applausi "d'ufficio" solo nei passaggi su Bergoglio e Mattarella), i maggiorenti hanno disertato il brindisi di ringraziamento con il neopresidente. A non presentarsi, in sfregio al bon ton istituzionale, Debora Serracchiani e Francesco Silvestri.

 

 

A dare l'avallo al linciaggio mediatico nei confronti di Fontana è intervenuto, appena avvenuta l'elezione, Enrico Letta: «Peggio di così nemmeno con l'immaginazione più sfrenata. L'Italia non merita questo sfregio». Lo "sfregio", secondo l'ormai ex leader del Pd, è ciò che hanno determinato gli italiani liberamente il 25 settembre. Ma tant' è. Non è voluto essere da meno il suo competitor: Giuseppe Conte. Il capo grillino, per stigmatizzare l'indicazione del Parlamento sovrano, ha parlato di «quadro valoriale ben distante» fra lui e il neopresidente di Montecitorio. Esatto: parla lo stesso Conte che è stato premier del governo con Fontana "suo" ministro della Famiglia.

GLI ODIATORI - La batteria degli hater a questo punto si è scatenata. Per Laura Boldrini - predecessore di Fontana - si tratta di «un putiniano. Non credo sia una figura che possa rappresentare tuttala Camera». Di «grande sconcerto» ha parlato l'Arcigay mentre più tranchant sono stati i colleghi di Gay center: «Fontana è un pericolo perla democrazia e i diritti Lgbt». A stretto giro è ancora Zan a prendere parola: il nome di Fontana? «È terribile». D'accordo con lui Marco Furfaro per il quale il leghista è un candidato «omofobo e misogino non degno di ricoprire una delle cariche più importanti delle nostre Istituzioni».

 

 

Non voleva mancare al giro di giostra neppure Carlo Calenda: «Un nome pessimo quanto quello di La Russa, vicino a partiti come Alba dorata, che è un partito nazista messo fuori legge». Non poteva fuggire, il povero Fontana, dal ditino censorio di Roberto Saviano («Il peggiore») e a quello del cronista di Repubblica Paolo Berizzi per il quale il presidente della Camera incarnerebbe la summa di tutti gli spettri: «In piazza con Forza Nuova, omofobo, filoputiniano, nemico della legge Mancino...». Rimasta fuori dal Parlamento - per espressa volontà degli elettori - Monica Cirinnà ci ha tenuto comunque a far sapere «che le destre unite svelano la loro vera faccia: omofoba, misogina, sessista e filoputiniana». In astinenza da un'ora di dichiarazioni è tornato poi alla carica Letta: «L'elezione di Fontana? Penso che Putin sia il primo ad essere contento». A toccarla piano, infine, pure la portavoce donne dem, Cecilia D'Elia. Contro il Pd maschilista? No. Contro la legislatura che inizia «nel segno dell'integralismo». 

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