La politica, secondo una nota definizione di Rino Formica, è "sangue e merda". Anzi, si può dire di più: una politica che non lo sia è semplicemente impossibile. E non sarebbe un bene perché la politica coincide con la democrazia. Le autocrazie, i totalitarismi, ma anche in diversa misura i governi "tecnici" o quelli di "unità nazionale", non sono che forme di neutralizzazione del conflitto politico.
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Mettiamoci Giorgia Meloni lanciata verso la premiership, mettiamoci l'elezione dell'ex missino Ignazio La Russa ...E quindi innaturali. Considerate in quest' ottica, le vicende che in questi giorni coinvolgono un centrodestra che, pur vittorioso alle elezioni, sembra disunito al suo interno, non sono da considerasi scandalose, né i protagonisti responsabili come li dipinge la stampa mainsrtream. Il conflitto anche aspro di opinioni e punti di vista diversi, anche sui nomi che devono comporre una compagine governativa, sono non un incidente di percorso ma l'essenza stessa della democrazia, la quale in questo modo denota la sua vitalità e il suo vigore. Sempre che, ovviamente, il conflitto si risolva, porti cioè a prendere alla fine una decisione. Come che sia questa decisione ieri è arrivata e, seppur con la forte contrarietà di Forza Italia, Giorgia Meloni è riuscita a far eleggere Ignazio La Russa alla presidenza del Senato. Poiché quella contrarietà permane, suo compito sarà ora quella di eliminarla il giusto a partire dai concreti rapporti di forza in campo. I nuovi equilibri così, poco alla volta, si assesteranno. E saranno pure relativamente solidi perché nasceranno da un misurarsi effettivo delle forze nell'agone politico.
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Un tuffo rosso nel salottino rossissimo di Otto e Mezzo, dove si fa un gran rosicare nel giorno dell'ascesa di Ignaz...EQUILIBRISMO POLITICO
Sarà un equilibrio mille volte preferibile a quello coartato che è proprio dei governi tecnici. Perché, ed è questo un altro tabù da sfatare, non è affatto vero che le situazioni di crisi o emergenza siano gestite meglio da governi senza una forte caratterizzazione politica o che si richiamino a una generica "unità nazionale", impossibilitati per loro stessa natura a prendere le decisioni rapide e nette che la situazione esige. Senza contare che, non mettendoci i politici la faccia, la responsabilità dell'azione di governo non è trasparente, cioè non è imputabile fino in fondo a qualcuno. Nel modo di ragionare di chi mena scandalo per il ritorno di una sana e dura dialettica fra le forze politiche si cela una diffidenza verso la democrazia, un deficit di cultura democratica. Quel che è da chiedersi è perché una certa mentalità trovi in Italia un terreno particolarmente fertile su cui appigliarsi.
Non è difficile rispondere: la tendenza a neutralizzare il conflitto politico è facilmente ascrivibile, da una parte, all'eredità del fascismo, che paradossalmente è stata fatta propria per questa parte soprattutto dagli antifascisti (secondo la felice intuizione di Flaiano), e, dall'altra, all'impossibilità nella prima Repubblica di garantire una effettiva alternanza dato il nodo stretto che legava l'opposizione politica al totalitarismo sovietico. La storia non fa salti. E rieducarci alla politica e al conflitto che le è connaturato non sarà facile, soprattutto ora dopo dieci annidi governi non eletti e di retorica annessa.