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Guerra, inflazione e Covid? Il super-tecnico che manca alla Meloni

Giancarlo Mazzuca
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Diciamola tutta: tra guerra in Ucraina, previsioni del Fmi su un 2023 in grave recessione dopo l'autunno nero, inflazione e prezzi energetici alle stelle, l'Europa sempre più divisa e Covid che non demorde con il rischio di una nuova ondata in arrivo, siamo tutti con il fiato un po' sospeso per quello che accadrà. Ci stanno attendendo battaglie particolarmente campali e nessuno può prevedere cosa ci aspetterà realmente dietro l'angolo. Tra tante incognite un fatto è certo: se a luglio, quando il suo governo venne inopinatamente messo in minoranza, Draghi fece fatica a nascondere il suo disappunto per l'uscita di scena, oggi in molti hanno intravisto un sospiro di sollievo sulla faccia di Super Mario al momento del congedo dai suoi ministri quando, nel brindisi finale, ha detto con un sorrisetto: «I governi passano, l'Italia resta». Sì, ma quale Italia? Perché un fatto, in questi momenti di grande impasse, è certo: l'esecutivo che verrà dovrà sudare le tradizionali sette camicie per evitare che il Belpaese eviti di affondare nei prossimi mesi.

 

 

 

Le ultime previsioni congiunturali parlano chiaro, rischiamo di essere maglia nera nel Vecchio Continente assieme alla Germania (incredibile a dirsi) con una crescita economica che, il prossimo anno, dovrebbe essere sottozero. Per restare a galla, ci vuole davvero un ministro dell'Economia di collaudata esperienza. Ecco perché la Meloni fa bene a puntare su un super tecnico per il Mef, ma il problema è che i papabili con una marcia in più come Fabio Panetta (che siede in quella stessa Bce già presieduta da Draghi) si stanno tirando indietro. Proprio questo è il grande problema che dovrà risolvere Giorgia, al di là delle richieste dei suoi alleati di centrodestra: dovrà trovare la persona giusta al posto giusto perché, non essendoci più un Draghi a Palazzo Chigi, è comunque necessario che, almeno in via Veneto, ci sia un economista di collaudata esperienza.

 

 

 

In un momento così delicato, le grandi manovre politiche per conquistare il Mef non hanno senso: lì ci vuole comunque un economista di esperienza capace di varare un «whatever it takes» in salsa italiana come già fece a livello europeo lo stesso Draghi, una decina d'anni fa, quando sedeva alla guida della Bce. Ecco perché se il premier uscente vuole davvero aiutare l'esecutivo che verrà, come ha più volte detto, dovrà consigliare Giorgia sul ministro che avrà l'ingrato compito di non fare affondare l'Italia a rischio, con questi venti, di trasformarsi in un "Titanic". 

 

 

 

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