FdI, Lollobrigida denuncia il sabotaggio Pd: "Nomine all'ultimo per ostacolarci"
«Con Giorgia di litigate ne ho fatte tante in questi trent' anni e più di conoscenza e militanza. Ma solo una volta è capitato che non ci parlassimo per qualche giorno, a fine anni Novanta, quando eravamo entrambi consiglieri provinciali di An. L'amicizia ti porta a dire quel che pensi senza mezzi termini, e allora si possono generare reazioni forti».
D'altronde è noto che la Meloni quando si arrabbia fa tremare i vetri...
«In questi ultimi anni si arrabbia sempre meno. Ha capito anche lei che arrabbiarsi è una gran perdita di tempo. Ha imparato a metabolizzare».
E poi non ci si può arrabbiare al pranzo della domenica o a Natale...
«Di politica nella vita privata non parliamo quasi mai...».
La Meloni che stacca, non ci credo?
«Invece anche in questo è più brava lei di me, che specie qualche anno fa portavo sempre la politica in tavola, e magari per questo bisticciavamo pure, perché lei vuole tenere il lavoro fuori da casa».
Si mormora che sia preoccupatissima, va in giro a dire che questo è il periodo peggiore per prendere in mano l'Italia...
«Questa è una constatazione più che una preoccupazione. Dev' essere il suo karma. Quando la prese in mano, la destra era quasi scomparsa».
Da quanto vi state preparando a guidare il governo?
«Da tutta la vita».
Più realisticamente?
«Quando è nato il governo Draghi, siamo stati certi che gli italiani ci avrebbero premiati. Che saremmo stati il primo partito l'abbiamo realizzato sei-sette mesi fa».
Dall'estero vi criticano ancora prima che iniziate...
«È il frutto della cattiva propaganda che la sinistra italiana ha fatto nel mondo per mantenere il potere. Mattarella e Draghi ci hanno difesi e chi ci ha attaccato ha fatto retromarcia: conta questo, a futura memoria».
Lei da quando conosce Giorgia Meloni?
«Avrà avuto 16 anni. Ho cominciato a frequentarla davvero due anni dopo, quando io ero responsabile nazionale di Azione Studentesca e lei dei giovani romani. Poi c'è stato il fidanzamento con sua sorella Arianna, ora mia compagna di vita».
E infatti la critica che si fa alla Meloni è di avere un cerchio famigliare più che magico, e comunque troppo ristretto. I cognati poi in politica non portano fortuna...
«A livello giornalistico la caratterizzazione ci sta. Però a sinistra si portano le mogli in Parlamento, elette nei collegi blindati e noi non facciamo polemica, se hanno alle spalle un percorso credibile. Io faccio politica da quando avevo 13 anni e ho quasi sempre ricoperto cariche elettive, in municipio, in provincia, in Regione, dove devi convincere le persone a mettere la preferenza sul tuo nome. Ero rappresentante pure al militare... Che mi si attacchi su ciò che ho fatto, se c'è materiale».
Capogruppo alla Camera di Fdi uscente, e forse anche rientrante, comunque candidato a tutto, molto più compagno di militanza che parente, vicino di casa perché «a destra in famiglia comandano le donne e Giorgia e Arianna sono molto legate e volevano stare entrambe vicine alla mamma». Francesco Lollobrigida è forse il parlamentare che meglio conosce la futura premier. Sicuramente è quello che la vive più da vicino. Di lunga e antica militanza, sente particolarmente il momento storico, «perché questo non è un governo di centrodestra ma il primo governo di destra-centro, lo dicono i numeri, lo dice tutto».
Cosa significa un governo di destra-centro?
«Oltre ovviamente alla lotta all'immigrazione illegale, che è anche difesa di quella legale, alle politiche legate a confermare la famiglia come pilastro della società e al "rilancio" dell'economia reale, credo che il messaggio forte è quello di un governo che pone gli interessi dell'Italia prima di quelli degli altri Paesi. È un cambio di postura, che mi pare stia già ottenendo i suoi frutti: la Francia e la von de Leyen, che come ha ricordato ci hanno attaccato, sono state costrette a una brusca retromarcia».
Quindi non siete anti-europeisti, come Orbàn?
«Il Paese più antieuropeista dell'Unione attualmente è la Germania; lo si vede sulla crisi del gas, dove va da sola e lavora contro una soluzione comune».
L'Italia a guida dem era troppo sottomessa?
«Quando quattro giorni prima del voto ho visto Letta volare a Berlino dal premier socialista, ho pensato che andasse a rimproverare la Germania perché si oppone al tetto europeo del gas, invece è andato a pietire un attacco contro la destra che stava per vincere. E così che si fanno gli interessi del Paese, delegittimando a livello internazionale chi governa?
Poi non dobbiamo stupirci se ci attaccano».
Cosa temono la von der Layen e i suoi soci?
«Un cambio degli equilibri all'Europarlamento. La maggioranza Ursula è un'unione di debolezze, come il Pd, nato da Ds e Margherita, e la crisi ucraina ed energetica sono la dimostrazione del fallimento del modello d'Europa franco-tedesca, incapace di incidere sui grandi temi».
Che critica muove nel dettaglio all'Europa?
«Trent' anni fa l'Italia era la quarta potenza industriale al mondo e la Germania, reduce dalla riunificazione, era in grave difficoltà. Ora Berlino è ricchissima e noi ci siamo impoveriti, eppure facciamo tutti parte del medesimo consesso. Questo significa che le regole del gioco facilitano qualcuno a danno di altri. Alla sinistra è sempre andato bene così, a noi no».
Da quando ha vinto le elezioni Fdi è salita nei sondaggi e gli anti-Meloni si sono più che dimezzati: il vecchio vizio degli italiani di salire sul carro del vincitore?
«Credo sia piaciuto il nostro approccio alla vittoria. Oggi sento interesse e curiosità intorno a noi. Anche gli italiani che nutrivano perplessità si stanno rendendo conto che molte cose negative nei nostri confronti erano state dette solo per condizionarli. Basterà un anno di governo con Fdi per dimostrare definitivamente che l'antisfascismo è argomento da libri di storia e non può scagliarsi contro questa destra che nulla ha a che vedere con i regimi illiberali di qualsiasi segno».
Quanto durerà il governo di destra-centro?
«Vedo bene chi posiziona mine sul nostro percorso. Il Pd si augura il disastro in Italia per tornare al potere. Molto patriottico. Io penso che dureremo, perché un governo eletto dal popolo è per natura più stabile di uno improvvisato nei corridoi del Palazzo, come i precedenti».
Come sta andando il passaggio di consegne tra Draghi e la Meloni?
«Siamo passati in una settimana da pericolosi dittatori a filo-draghiani. In realtà tutto sta avvenendo nel rispetto reciproco dei ruoli».
Quindi Meloni e Draghi hanno fatto pace, dopo il battibecco sul Pnrr?
«Tutti ormai parlano di adeguamento e modifiche al Pnrr. Draghi ha un comportamento assolutamente collaborativo e signorile. Ha fatto girare una circolare che chiede a tutti di astenersi in questa fase, che è di ordinaria amministrazione, dall'assalto alla diligenza».
Che invece è in corso?
«C'è un tentativo del corpaccione politico della sinistra, coperto dalla burocrazia, di occupare tutte le poltrone rimaste e avvelenare i pozzi. Una situazione imbarazzante, decine di nomine dell'ultimo minuto, inutili e costosissime, per mettere al sicuro amici e fidati, assicurando loro posizioni economiche e di potere.
Questo è, tecnicamente, un attacco alla democrazia».
Ma la Meloni andrà il 20 ottobre in Europa con Draghi, all'appuntamento chiave sul Pnrr?
«Non sarà ancora premier, in veste di che cosa dovrebbe andarci, da praticante, da accompagnatrice? Non sarebbe corretto istituzionalmente iniziare a governare prescindendo dalla fiducia del Parlamento. La sinistra, che oggi attacca Giorgia perché non va a Bruxelles, è pretestuosa: se lei ci andasse, la attaccherebbe accusandola di violare la Costituzione».
Ci sono pressioni dell'opinione pubblica perché facciate un ampio ricorso a ministri tecnici...
«Di una certa opinione pubblica, che magari si illude di condizionarci caricandoci tecnici di sua fiducia. Il nostro sarà un governo politico, perché alla politica spetta dare indirizzo e visione. La maggior parte dei ministri quindi sarà politica e si servirà di tecnici per mettere a terra il programma. Questo non esclude che, per particolari ministeri, si attinga a personalità dei corpi intermedi di particolare valore».
È vero che pensate a un commissario per il Pnrr o per altri dossier?
«Per essere utili non serve occupare poltrone ministeriali. Tutti possono essere chiamati a lavorare su asset strategici, dal gas a singole e importanti opere del Pnrr. L'eventuale nomina di commissari ad hoc non significa però che condivideremo la responsabilità del governo».
La sinistra sabato è scesa in piazza per la pace. È la prima manifestazione anti-Meloni?
«Fa specie vedere in piazza gente che per sette mesi non lo ha fatto. Certo la nostra posizione sulla crisi ucraina non cambierà».
Siete diventati atlantisti o è realpolitik?
«La guerra ha dimostrato tutta la debolezza dell'Europa, senza esercito e senza politica comune. L'Italia appartiene alla Nato e noi abbiamo ribadito la fedeltà, attiva, all'alleanza.
Questo non significa che non cerchiamo la pace, che è sempre l'obiettivo primario, purché sia una pace equa».
Qualcuno ci sta sparando alle spalle?
«Se siamo tutti schierati con l'Ucraina ma qualcuno ha danni collaterali dalle sanzioni e dalla crisi del gas maggiori degli altri, deve essere sostenuto da tutto il fronte alleato.
Per questo noi ci batteremo senza tregua».