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Isabella Rauti, cosa c'è dietro il trionfo su Emanuele Fiano

Brunella Bolloli
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A rileggere certi articoli di stampa Pd-oriented viene da sorridere. Titoli come "Meloni, donna sola in un partito maschilista", o "Meloni, leader di un partito dove le donne non comandano", sembrano quasi carta straccia. Per non parlare degli appelli delle femministe di sinistra terrorizzate dal pericolo di una possibile donna premier: «Non votatela, è post-fascista. Le sue politiche sono un passo indietro nella storia e per la vita delle donne». Appelli smentiti dal verdetto delle urne non soltanto perché secondo l'analisi dei flussi elettorali elaborata da Swg per l'Ansa il voto femminile premia Fratelli d'Italia più degli altri partiti, ma soprattutto perché lo spettro dell'onda nera evocato in campagna elettorale evapora di fronte all'onda rosa che entra in Parlamento grazie alla 45enne presidente dei Conservatori europei.

Il famigerato tetto di cristallo si è rotto e i pezzi di vetro fanno malissimo sulla pelle degli avversari uomini. Per citare solo alcuni casi, Isabella Rauti, demonizzata dai compagni in quanto figlia di Pino, ex segretario del Msi, ha sconfitto Emanuele Fiano, figlio di Nedo, deportato ad Auschwitz, nel collegio non facile di Sesto San Giovanni, l'ex Stalingrado d'Italia. Lei resta senatrice, lui è fuori.

 

 

 

 

La "pitonessa" Daniela Santanché ha messo sotto i tacchi l'economista Carlo Cottarelli, conteso sia dal Pd di Letta che da Azione di Carlo Calenda. Alla fine lui ha scelto di candidarsi con i dem e avrebbe dovuto essere la punta di diamante dei progressisti al Nord, invece è stato staccato di oltre 24 punti dalla signora del Twiga, e la cosa fa riflettere. Tra le sorelle d'Italia riconfermate senza problemi c'è Paola Frassinetti, già portavoce del partito in Lombardia, impegnata in particolare sui temi della scuola e del sociale. Continuano il loro lavoro a Montecitorio anche la calabrese Wanda Ferro e la siciliana Maria Carolina Varchi. A Torino città, nonostante il Pd sia il primo partito, la meloniana Augusta Montaruli è riuscita a strappare il seggio ai dem all'uninominale. Vola in Senato dalla Sardegna la coordinatrice regionale Antonella Zedda. A Caserta la new entry Carmen Letizia Giorgianni si è imposta sul grillino Della Valle nella terra del reddito di cittadinanza.

 

 

 


Ma è soprattutto a Roma centro, mai favorevole alla destra, che le sorelle d'Italia festeggiano l'exploit con la consigliera comunale Lavinia Mennuni vincitrice su Emma Bonino e Carlo Calenda. Avvocato impegnata nella difesa della famiglia tradizionale, di area rampelliana (l'ex vicepresidente della Camera ha stravinto in periferia), Mennuni fa politica da 25 anni ed è in Fdi per passione e per amore, visto che pure il marito è un dirigente del partito: aveva chiesto un confronto sia a Bonino che a Calenda, ma l'hanno snobbata. E hanno perso.

Impresa storica anche per Ester Mieli, giornalista e analista politica, due volte mamma, trionfatrice sulla paladina delle unioni civili Monica Cirinnà, la quale non mancava un'elezione dal '93, sempre a sinistra, e che è salita agli onori delle cronache anche per via dei 24mila euro trovati nella cuccia del suo cane. Cirinnà stavolta resta a casa. A occuparsi dei suoi amati animali. Nella squadra delle fedelissime di Giorgia Meloni spicca Chiara Colosimo, che ricalca le orme della leader anche nel collegio prescelto per la candidatura: Latina, dove ha quasi triplicato i consensi rispetto allo sfidante del centrosinistra. Trentasei anni, consigliera regionale del Lazio, come la Meloni viene dalla Garbatella ed è stata presidente di Azione Giovani. Al debutto in Parlamento, per lei Giorgia non è solo una leader di partito, ma soprattutto un'amica e capo della sua segreteria è Arianna Meloni, sorella e principale sponsor di colei che si appresta a diventare prima premier donna d'Italia. Anche se questo, a certe femministe, proprio non va giù. 

 

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