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Sergio Mattarella, i 4 nomi per convincerlo: indiscrezioni dai vertici FdI

Sergio Mattarella

Fausto Carioti
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Quando Giorgia Meloni, a risultato acquisito, ha detto che per il suo partito «è il tempo della responsabilità» e che «bisogna tornare a far credere gli italiani nelle istituzioni», è anche delle prossime nomine che parlava. Ossia dell'elezione dei presidenti delle Camere, prima incombenza della nuova legislatura, e dei ministri del governo che lei stessa dovrebbe guidare. Un messaggio indirizzato ai suoi: non contano le poltrone che occuperemo, ma il segno che lasceremo. E anche un segnale d'intesa rivolto al Quirinale. Le sfide che attendono l'esecutivo sono tremende e la vincitrice delle elezioni sa che potranno essere superate solo col gioco di squadra tra lei e le altre istituzioni: il presidente della repubblica, innanzitutto, e l'attuale presidente del consiglio. È proprio il filo della "responsabilità istituzionale" che in questa fase di transizione lega la premier in pectore a personaggi tanto diversi da lei come Mattarella e Mario Draghi; quanto sia robusto, lo si vedrà con le trattative per il governo che dovrebbe nascere tra un mese. Non è un mistero che questo sia già sotto la lente degli alleati. Il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ieri ha detto che a Washington sono «ansiosi di lavorare con il governo italiano sugli obiettivi condivisi: sostenere un'Ucraina libera e indipendente, rispettare i diritti umani e costruire un futuro economico sostenibile». La conferma - casomai servisse - che le caselle della Difesa e degli Esteri sono materia politicamente incandescente, perché le scelte che sa ranno prese in quei dicasteri misureranno la bontà del rapporto tra le due nazioni.

«NOMI INATTACCABILI»
La pensa così pure il capo dello Stato, il quale intende far valere le proprie prerogative, come già in passato, qualora fosse messo davanti a candidature non all'altezza. «Impossibile che accada», garantiscono gli uomini vicini alla presidente di Fdi, «perché proporremo nomi inattaccabili e decideremo con Mattarella». Ignazio La Russa lo dice in un altro modo: «Per noi non è importante che abbiano la tessera del partito, bisogna scegliere le migliori energie». Dal Quirinale, chi ha parlato col presidente della repubblica spiega che lui è pronto ad offrire la massima collaborazione a chi si prepara a governare sorretto da una maggioranza tanto ampia. La lista dei ministri è ancora da scrivere, ma candidati naturali al ruolo di ministro della Difesa sono lo stesso La Russa, che ha già ricoperto l'incarico, e il co-fondatore di Fdi, Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa nell'ultimo governo Berlusconi e oggi presidente della Federazione delle aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza. Due profili sul cui allineamento atlantico non ci sono dubbi.

Nell'altro ministero "attenzionato" da Washington, quello degli Esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata, ambasciatore negli Usa dal 2009 al 2011 e già alla Farnesina con Mario Monti, pare perfetto per il ruolo. Che potrebbe essere ricoperto anche dal numero 2 di Forza Italia, Antonio Tajani, già commissario Ue e presidente del parlamento europeo, conosciutissimo nelle cancellerie e nelle istituzioni internazionali. Al punto che un incarico di alto livello per lui pare comunque sicuro: se non lì, alla presidenza della Camera, alla Difesa o in un altro dicastero di peso. Il terzo nome forte è quello dell'ambasciatore Stefano Pontecorvo, ex Alto rappresentante civile della Nato in Afghanistan, che ad aprile partecipò alla conferenza programmatica di Fratelli d'Italia. Anche in questo caso, tutti i candidati assicurano una piena continuità con le scelte di Draghi. Alla Giustizia - altro ministero su cui l'intesa con Mattarella sarà indispensabile - il ballottaggio è tra l'ex magistrato Carlo Nordio, eletto senatore con Fdi, e l'avvocato Giulia Bongiorno, tornata a palazzo Madama con la Lega. Due curricula ineccepibili. Le altre due nomine su cui il vaglio del capo dello Stato sarà severo riguardano i ministeri dell'Interno e l'Economia. Non è un mistero che al primo vorrebbe tornare Matteo Salvini, ma le intenzioni della Meloni sembrano altre. Preferirebbe una figura istituzionale e i nomi che filtrano dall'entourage della leader di Fdi appartengono a due prefetti: Matteo Piantedosi, che fu capo di gabinetto quando era ministro il capo della Lega, e Giuseppe Pecoraro, candidato alla Camera nelle liste di Fdi.

IL NODO ECONOMIA
Il debito pubblico giunto a quasi 2.800 miliardi di euro impone continuità anche nella gestione dei conti. Al punto che dentro Fdi c'è chi non esclude la conferma del ministro in carica, Daniele Franco. Sarebbe una scelta clamorosa, perché il partito della Meloni ha votato contro tutte le sue manovre economiche. Tra le poche alternative c'è Fabio Panetta, attuale membro del board della Bce, il quale ne ha già parlato con la Meloni. Panetta ha però ha tutto l'interesse a restare dov'è e, tra un anno, prendere il posto di Ignazio Visco al vertice della Banca d'Italia. Motivo per cui non si esclude un nome diverso, ma comunque legato all'ortodossia monetaria europea. Per Giulio Tremonti, anche lui appena eletto con Fdi e in rapporti non proprio idilliaci con Draghi, è probabile la guida di un altro ministero. 

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